Layers of Fear: Recensione

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Layers of Fear: Recensione di un artelavoro

 

Ultimamente è vero, lo sto dicendo troppo spesso. Forse perché come dicono i sociologi, dopo una certa età si inizia a maturare davvero e a selezionare i propri gusti. Così, se a quattordici anni i ragazzi intelligenti iniziano ad ascoltare Rock e Metal delle più famose band al mondo, si ritrovano a venticinque anni a prediligere gruppi indie/folk che nessuno praticamente ascolta (se non i diretti interessati). Lo stesso vale, o varrebbe, anche per i videogames. Molti di coloro che si autoproclamano appassionati sono pressapoco esenti dalla selezione dei gusti videoludici: costoro giocano qualsiasi cosa il marketing gli proponga, pertanto non potranno mai davvero scegliere un qualcosa che gli aggradi di più, in quanto permettono che siano altri a scegliere per loro. Esistono però anche veri appassionati e tra questi molti, superata la soglia dell’adolescenza, iniziano spudoratamente a falciare interi generi alla ricerca di qualcosa di più.

Se è vero quanto un elefante che spruzza acqua sopra un gruppo di turisti anglosassoni senza umorismo che fino a 3 anni fa mai avrei pensato di falciare interi generi videoludici reputandoli non più a me graditi, è altrettanto reale la mia volontà di ricercare prodotti che offrano di più del solo e puro intrattenimento. Siamo infatti nel 2016 e il modo migliore per far maturare il media videoludico non è proporre qualcosa che venda milioni di copie per il mondo e per forza di cose di basso profilo culturale, bensì fare ciò che tecnicamente dovrebbe essere naturale nella creazione di un videogioco: raccontare storie interattive con lo scopo di trasmettere qualcosa al giocatore con ogni fotogramma della produzione stessa.

Questo è il caso di Layers of Fear, avventura grafica moderna horror dai toni dannatamente intellettuali, surreali e artistici.

 

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UNA INVASIONE POLACCA

La Polonia sembra essere una patria assai proficua dal punto di vista videoludico. Cd Project Red è un team polacco ed è responsabile dello sviluppo della trilogia di The Witcher, pressapoco la migliore saga action/fantasy degli ultimi quindici anni, mentre è sempre polacco il team dietro lo sviluppo di The War of Mine, titolo indipendente creato da 11 bit studios che permette una visione introspettiva della guerra dal punto di vista di un gruppo di civili. Bloobers Team è polacco. Se non sapete chi siano i ragazzi dietro al nome di Bloobers Team, è lecito e normale, dato che non sono affatto celebri o meglio, non lo erano. Se non lo avete ancora capito, sono coloro che hanno permesso l’esistenza di Layers of Fear, un gruppo di una ventina di persone che ha creduto in un medium videoludico più maturo, sensibile e intellettuale. E ci hanno davvero azzeccato.

Sostanzialmente, la software house polacca è specializzata nella creazione di videogiochi orrorifici dedicati alle più angosciose fobie, come la “scopofobia”, ovvero la paura di essere guardati ed essere sotto osservazione e l’insanità mentale, spesso rievocata nella produzione che sto trattando in questa pagina. Layers of Fear è infatti un gioco Horror, un horror molto particolare a mio dire, in quanto riesce a incutere timore nel modo migliore possibile: con il pensiero che da lì a breve, qualcosa andrà davvero storto. Si inizia quindi in una ignota casa piena zeppa di quadri. Siamo presumibilmente negli anni ’30, lo si capisce dal fatto che esiste l’elettricità ed esiste un grammofono da dimensioni contenute. Tuttavia la villa sembra conservare uno stile ottocentesco punteggiato qua e la da diversi quadri esponenti delle più celebri correnti artistiche del XIX secolo: il romanticismo di Friedrich e l’impressionismo di Monet. Le correnti artistiche ricorrenti nel gioco sono in realtà molte e appare fin da subito chiaro che l’arte pittorica sia davvero al centro dell’attenzione nella produzione polacca, il che subito fa intuire che il titolo sia un appetitoso pasto per le menti più raffinate. Ed effettivamente è proprio così.

 

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LA PAURA FA ERMELLINO

Il terrore trasmesso da Layers of Fear è diverso da quello presentato dai Frictional Games. Nonostante l’impianto di gioco sia effettivamente simile a SOMA, LoF non basa la sua attività orrorifica su espedienti sonori o su nemici da allontanare a tutti i costi. Il gioco polacco, oltre alla perenne sensazione che qualcosa di brutto stia per accadere, la quale non ci lascerà affatto respiro per l’intera durata del gioco, propone la visione di quadri distorti e di stanze surrealiste le quali, a lungo andare, rendono paranoico il giocatore portandolo all’esasperazione. Fidatevi: non c’è cosa più brutta che osservare un quadro che si deforma davanti ai propri occhi diventando man mano una massa informe di colori e non c’è cosa più brutta di sapere che tali quadri, in realtà, sono i nostri più terrificanti antagonisti. Capita quindi che dolci opere d’arte, si trasformino in mostri dall’aspetto terribile, pronti per apparire nei nostri sogni notturni facendoci sudare freddo (e sarà proprio così, fidatevi). Le immagini valgono più di mille parole e un quadro ben dipinto vale quindi molto di più Se le emozioni dell’opera originale vengono poi distorte, ciò che si prova all’interno della propria anima è un senso di rottura tale da non volerne affatto sapere sul come e sul perché, nel vano tentativo di ignorare tale tempesta emotiva creatasi dentro di noi. Layers of Fear è infatti un videogioco artistico che parla di arte, più precisamente di un artista dato per pazzo che pensa di non saper più dipingere. Si scopre quindi che il giocatore dovrà controllare il pittore in tutto il suo folle percorso nel completamento di un quadro, la magnus opus dell’artista che teoricamente permetterebbe al pittore di riconquistare l’amato pubblico perduto a causa di un peccaminoso alcolismo e di una relazione finita a male con la propria partner.

WILDE NE SAREBBE FIERO

L’Ottocento artistico è davvero ricorrente nel gioco e fa anche da chiave orrorifica per l’intera durata dello stesso. Alla fine, a tutti fanno paura i vecchi oggetti del secolo del positivismo, soprattutto se proposti in una strana e minacciosa luce che proietta ombre di bambole malsane uscite da un quadro di Picasso nel suo periodo Rosa. Sta di fatto che il tutto sembra nascere da una chiara citazione letteraria, rivolta grossomodo a Oscar Wilde e all’intero movimento esteta, portando il giocatore a prendere virtualmente in mano un libro di critica artistica scritto da un anonimo e dedicato proprio all’analisi del romanzo dell’esteta britannico. L’idea del completamento di un quadro che nessuno dovrebbe mai vedere come ci viene suggerito nelle prime battute del gioco, sembra essere direttamente ripresa dall’opera dello scrittore inglese, opera che viene spesso citata in modo indiretto nel corso dell’avventura, con un ciclo di eventi che sembra combaciare proprio con la sinossi de “Il Ritratto di Dorian Gray”. L’idea della ricerca di qualcosa di più bello, della critica verso il mediocre, del suicidio e della morte “meritata” vanno a frammentarsi all’interno della produzione polacca in un turbine di arte ed emozioni, le quali non mancheranno di spaventare anche i più temerari.

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Ciò che più convince tuttavia, è la direzione artistica votata molto sul surrealismo, prendendo spunto, almeno visivamente, da Francis Bacon, pittore surrealista irlandese che durante la metà del XX secolo diede sfoggio di quadri al limite dell’umana concezione. Bacon crebbe in una famiglia tradizionalista, la quale non riconobbe l’identità omosessuale dell’artista. Egli venne quindi cacciato di casa e come sintomo di una infanzia vissuta male, iniziò a dipingere quadri al limite dell’assurdo. Osservarli fa davvero un effetto devastante: volti contorti in un miscuglio di colori dai toni macabri e funesti, gli stessi che ricorrenti si fanno avanti in Layers of Fear. Bacon sembra infatti essere la seconda grande ispirazione dei Bloobers e lo si può notare nel modo in cui i quadri rispondono alla contorsione spazio-temporale dettata dalla follia del protagonista.

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DIFFICILE DA METTER GIU’ A PENNA

Anche questo lo sto ripetendo ormai troppe volte: sto giocando un sacco di giochi praticamente impossibili da recensire. Non ho voluto spaziare sull’interpretazione di Layers of Fear, in quanto penso che dovrei scrivere un quantitativo di pagine tale da ricroprire l’intera crosta terrestre con fogli scritti. Ogni fotogramma, ogni quadro, ogni suono, ogni situazione comunica davvero qualcosa. Non vi è un momento in cui il giocatore non è stimolato a guardare oltre ciò ch evede, con l’obiettivo di comprendere ciò che accade attorno a lui. Più e più volte mi sono ritrovato a pensare a quale diavoleria si fossero inventati gli sviluppatori per creare ambienti così curati e volubili, tanto che un solo cambio di visuale con il mouse potesse cambiare radicalmente l’aspetto di un ambiente. E’ incredibile quindi come i livelli circostanti si modifichino costantemente sotto i nostri occhi senza che noi ci accorgiamo di nulla, incentivando l’idea per cui noi siamo tanto pazzi quanto il pittore che personifichiamo. Una sensazione di stupore, seppur con note orrorifiche, si impossessa nel corpo nel momento in cui si osservano oggetti volteggiare velocemente sopra la nostra testa come comandati da forze mistiche e ancor più stupore si prova nel constatare la volubilità di un ambiente, prima ritraente una dolce cameretta di un bimbo e successivamente un salotto pieno di libri impazziti con una pioggia di morte e sofferenza. Moralmente parlando, il titolo condanna assolutamente la voluttà degli artisti ottocenteschi e imputa l’assenza di ispirazione come male di tutti i mali. Da quello che traspare, i ragazzi di Bloobers hanno voluto a tutti i costi farci provare che cosa si prova a perseverare nel seguire i propri sogni e le proprie passioni, fino alla follia. Alla fine, il nostro pittore impazzisce proprio a causa della sua folle rincorsa al quadro perfetto, anche dopo aver perso ispirazione, figli e moglie. Il tema dell’infanzia viene spesso rievocato all’interno dei livelli e un intero capitolo è ad esso dedicato. Osservare bambole dalle sembianze di bambini dalle più disparate forme è un incubo per molte persone, soprattutto se le bambole stesse ci fissano ridendo emettendo suoni peggiori di quelli emessi dal pagliaccio IT. Il ricordo, l’emozione, la sensualità e la paura di fallire sono temi ricorrenti, ma spesso a legare l’intero mosaico morale è il filo conduttore della penitenza: penitenza di non aver ascoltato, penitenza di non esser stati accanto ai propri cari, penitenza di aver trascurato la vita..

NON SCOPRIRE QUEL QUADRO

Il motore grafico che permette a Layers of Fear di funzionare è un ottimo Unity Engine. Gli algoritmi del celebre engine dedicato agli sviluppatori indipendenti, permette la creazione di ambienti graficamente pazzeschi, una accurata simulazione fisica e una gestione impareggiabile della luce. Bloobers è riuscita a utilizzare al meglio Unity, promuovendo un livello tecnico ben superiore a molteplici produzioni ad alto budget. Al massimo del dettaglio infatti, si raggiungono produzioni quali Until Dawn, con emozionanti picchi di dettaglio nel cambio di scenario e stanze. Dal punto di vista sonoro, il tutto è corredato da una colonna sonora semplice e ad impatto, capace di rievocare tutta la follia del nostro caro amico pittore con poche e studiate note. L’angosciosità dell’avventura è inoltre animata da un minimale doppiaggio che va a interconnettere il giocatore con i ricordi sparsi nella desolata casa, in modo del tutto simile a quanto accade con i giochi sviluppati da Frictional Games. Generalmente, dal punto di vista tecnico siamo ben oltre la media.

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IN CONCLUSIONE

Layers of Fear è un gioco raffinato, raffinatissimo direi. E’ un titolo per intelligentoni, per coloro che apprezzano l’arte romantica, il surrealismo e in parte l’impressionismo. E’ un’opera d’arte che parla di arte e in tal caso, il compromesso, è una avventura grafica moderna che per definizione non offre sfida “fisica”, bensì intellettuale. Bloobers Team non ci mette davanti a scelte, bensì alla possibilità di interpretare quanto accade a schermo nel più breve tempo possibile, cercando al contempo di non cedere alle forti percussioni della paura. Il titolo indipendente polacco riesce quindi a centrare l’obiettivo di proporre un’esperienza dalla direzione artistica eccellente, dai temi morali forti e maturi e soprattutto dall’atmosfera cupa e orrorifica, la quale farà la gioia di tutti coloro che attendono un horror game coi controcavoli dall’uscita di SOMA.

Insomma: se apprezzate l’arte, vi è piaciuto il romanzo “Il Ritratto di Dorian Gray” e non vedere l’ora di osservare virtualmente centinaia di quadri diversi, allora Layers of Fear fa per voi. Il prezzo da pagare è un centinaio di spaventi e notti insonni con contorno di incubi a occhi aperti, ma fidatevi: ne varrà la pena.

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Marco Masotina

Tosto come un Krogan, gli piace essere graffiante e provocante per scoprire cosa il lettore pensa dei suoi strani pensieri da filosofo videoludico. Adora i lupi, gli eventi atmosferici estremi, il romanticismo e Napoleone.