Dragon Age – Da RPG a MMORPG

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Dragon Age – Da RPG a MMORPG

Quando vidi per la prima volta il Trailer di lancio di Dragon Age Origins me ne innamorai subito. Fu un fulmine a ciel sereno che mi convinse che dovevo avere quel gioco nonostante il grosso logo EA che spiccava mi stringesse il cuore. Il mio amore per questa società non è mai stato alto, anzi.

Però le musiche e l’atmosfera mi convinsero e, nel 2009, infilai il CD all’interno del mio vecchio portatile spingendolo al massimo.

Mi odia ancora oggi, dopo anni che l’ho cambiato, temo.

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Il primo grosso nemico di Origins. L’Ogre, non Morrigan.

In War, Victory. In Peace, Vigilance. In Death, Sacrifice.

Nonostante il terribile adattamento italiano del motto dei Custodi Grigi, la splendida trama di Origins riesce a strapparti il respiro a più riprese. Ridi, urli, ti arrabbi e, soprattutto, ti preoccupi quando torni all’accampamento di non trovarti uno dei tuoi compagni incavolati per una tua scelta mentre eravate via.

Perché sì, loro lo sanno anche se non c’erano. Mica sono scemi.

Ciò che vorrei ben chiarire in principio è che Dragon Age Origins è, a mio avviso, uno dei migliori RPG usciti nell’ultimo decennio e, soprattutto, quello che più mi ha fatto restare attaccato agli schermi nella scorsa generazione di console. Perché lo comprai sia per PC che per Xbox 360. Lo adoravo, si capisce?

Una trama profonda, un nemico “particolare” (in quanto non è il Boss cattivo di fine campagna, ma è più un “qualcosa” che ritorna ciclicamente e contro cui non si può fare quasi nulla se non resistere), compagni ben riusciti, ambientazioni ben realizzate ed un mondo di gioco che, sebbene non Open World, BASTAVA.

Questo RPG, con un approccio splendidamente tattico in molti casi, si sviluppa in tutto il Ferelden, dalla capitale Denerim alle Vie Profonde di Orzammar, passando per l’intricatissima ed odiata Foresta di Brecillian. Mappe non gigantesche ma sufficienti a contenere segreti, quest secondarie, orde di nemici e di loot, oltre al tempo per i nostri compagni di chiacchierare un po’ tra loro dandoci la possibilità di farci grasse risate.

Chi di voi non ha sogghignato quando Alistair consiglia a Morrigan di andare a morire in un cespuglio? Andiamo.
A ben vedere Dragon Age Origins era, in una parola: EPICO.
Le musiche, i personaggi, le Cut-scenes…tutto ti portava la voglia di urlare caricando a testa bassa il nemico.
Ti caricava e ti spingeva a scoprirlo sempre di più, esplorando e conoscendo meglio i vari segreti di questo gioco, alcuni dei quali ancora avvolti nel mistero dopo 7 anni (chi ha detto Enchantment?)

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Il VERO collante di Dragon Age: Flemeth.

Più che un Eroe, mi sento un Postino

2009. Dragon Age Origins.
2011. Dragon Age 2 – Rise of Power.

Un solo anno per lo sviluppo del seguito di un gioco che ha avuto un successo davvero spaventoso a livello di vendite e critiche, ma la EA la conosciamo.

Come detto poco sopra Origins era Epico, quindi ci si aspettava che RoP seguisse quella scia e…e invece no. Per quanto bello graficamente, per quanto i personaggi siano bellissimi (Fenris e Isabela in primis) e il combattimento sia un po’ più “soddisfacente”, tutto questo non aiuta minimamente allo sviluppo della vera epicità del primo. Il gioco è diviso in tre Atti che hanno un’escalation di sfiga spaventosa per Hawke, il protagonista, che passa dall’essere un immigrato, a mercenario, a signorotto, a Campione.

Insomma, una scalata al successo niente male, se non fosse che se ti chiedevano di consegnare un pacco da immigrato, te lo chiedono lo stesso anche da Campione.

La sensazione che si ha giocando a Dragon Age II è di essere totalmente in balia degli eventi senza alcun potere effettivo per cambiare qualcosa. Sia che Hawke faccia qualcosa o meno, la storia degenera lo stesso.

Forse l’unica cosa che sarebbe accaduta con più “lentezza” è la scoperta dell’Idolo di Lyrium Rosso da parte di Bartrand, ma anche quella pare essere un punto fermo in cui non possiamo fare nulla di che per cambiarlo.

In Origins questo c’è lo stesso, ma il gioco ci dà molto di più la sensazione di avere respiro e possibilità di scelta, mentre in RoP è tutto…quasi stabilito e noi dobbiamo solo andare avanti senza poter fare nulla di contro.

Hawke, come ho detto prima, più che un Eroe è un mercenario che afferra ogni missione che gli viene data per accaparrarsi prima il denaro che gli serve e, poi, perché…perché glielo chiedono i compagni. Sempre comparandolo al primo, le missioni Compagni erano “piccole” e molto semplici, si risolvevano in poche ore. Nel II prendono tutto l’arco del gioco in svariati anni e, in alcuni casi, sono la scintilla che fa scatenare il disastro (dannato Anders). Se da un lato questo potrebbe essere un punto POSITIVO, a pensarla bene mi sono reso conto che questo sminuisce ancora di più l’importanza di Hawke, che anche non ci fosse stato, tutto sarebbe andato così lo stesso.

Dopo l’Origins, quindi, mi aspettavo molto di più da Rise of Power. E riposi tutte le mie speranze in Inquisition.

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E poi? Cosa lascia come eredità Inquisition?

Il mondo sta per finire? Raccogliamo Bottiglie e Canzoni.

2014. Nuova generazione di Console e, per il mio portafogli, si avvicina un punto critico. La Collector Edition per 360 di Inquisition prenotata e, quando vado a prenderla, mi fiondo in cassa speranzoso come un bimbo sotto l’albero di natale.

Accendo la console e, sotto l’occhio stranito delle mie gatte, comincio a creare il personaggio, faccio partire tutto e mi immergo nel mondo vastissimo del Thedas.

O meglio, dell’Orlais e del Ferelden. E io che speravo (e spero ancora) di vedere il Tevinter.

Ho giocato per numerosissime ore ad Inquisition e, sebbene molte cose mi siano piaciute non poco, l’atmosfera generale non mi ha convinto per nulla. Le porzioni che dovevano essere cariche e intense non mi prendevano, i vastissimi luoghi disseminati di frammenti (odio puro), canzoni, bottiglie e pinzillacchere varie non mi hanno spinto a chissà quale furia di collezionismo (e ve lo dice uno che è un maniaco completista) e, soprattutto, il Boss del gioco mi ha fatto ridere. RIDERE.

Sono l’unico che ricorda una frase degli sviluppatori che han detto “non proseguiremo la storia dell’Artefice/Avernus/Amgarrak perché non tutti hanno giocato all’espansione/DLC”? E poi il Boss finale di Inquisition è quello di un DLC? Ma mi prendete davvero per i fondelli?

Pochissimo pathos, pochissima tensione della battaglia finale (che si dimostra essere di una facilità allucinante) e quasi nessuna decisione che si riflette davvero sul mondo di gioco se non alcune.

Ciò che mi aveva fatto innamorare del tutto di Origins era stato il finale, o meglio, il post finale. Il fatto che ti venisse detto di TUTTE le conseguenze delle decisioni che avevi preso, anche le più piccole (quanti di voi hanno dato 5 sovrane alla ragazza a Redcliffe per la spada del padre? Beh, se glieli date, alla fine diventa Arlessa di Redcliffe. Wow.) e sentivi davvero il mondo che cambiava. Sarò sentimentale, ma quando sono arrivato per la prima volta davanti alla locanda di Redcliffe mi sono chiesto che ci facesse il nome “gabbiano” quando io ricordavo benissimo che, in tutte le mie run a Origins, avevo dato il comando a Bella (la cameriera) e lei l’aveva rinominata “Al Custode”. Ci contavo davvero di vederla, invece no, una locanda a caso. Grazie.

In Rise of Power questo avviene ancora alla fine del gioco, ma in maniera molto più limitata, sebbene puoi ancora percepire un poco di quel cambiamento (sebbene solo nella zona di Kirkwall, ovviamente).

In Inquisition, alla fine, non senti nulla. Hai la spiegazione solo delle decisioni della trama principale, mentre tutto quello che hai fatto in due intere nazioni (dalla conquista di fortezze, alla decisione di ricostruire o meno un villaggio) non viene quasi percepita.

Come al solito la Bioware riesce meglio ad attecchire nella mia anima per i personaggi che, alla fine, sono la prima cosa che salva Inquisition, sia i compagni che i Consiglieri che quelli più secondari, ti danno una bella sensazione. Tranne il nemico di tutto il gioco. No, bravi eh.

Ora, sia chiaro, Inquisition è un bel gioco. Bellissimo. Non lo metto in dubbio.
Però lo metto a confronto con le emozioni che mi diede Origins, perché fa parte della stessa saga, anzi, è la “conseguenza” di quel gioco, di quelle decisioni, e perde clamorosamente.
Ho percepito un’impronta sempre più action e sempre meno ruolistica da questa saga, come se avessero voluto puntare più su chi voleva “combattere” che su coloro che volevano immergersi in un mondo che gli trasmettesse qualcosa.

Un po’ come con Mass Effect che, partito molto più ruolistico, è diventato pian piano più action, ma non c’è paragone. Non ho mai versato tante lacrime come rigiocando al terzo.

Perché, quindi, l’ho definito MMORPG? 
Per quanto ci siano sempre le scelte con conseguenze (piccolissime) ed il personaggio evolva la propria identità anche grazie ai compagni ed alle romance/amicizie con loro, in Inquisition mettendo tutto assieme cosa abbiamo? Una ricerca costante di collezionabili che, in soldoni, non ci danno nulla.
Frammenti, bottiglie, canzoni e pezzi di mosaico, assolutamente inutili (quando sono entrato nell’ultima porta del tempio di Solas’an mi sono sentito truffato).
Artefatti elfici che dovrebbero rinforzare il velo, ma i demoni sbucano comunque, quindi inutili pure loro.

La parte più ruolistica che ho apprezzato è stata quella del Palazzo d’Inverno, in cui si combatte un po’ meno (fino ad un certo punto, poi, come se le guardie dell’Imperatrice fossero davvero idiote a far entrare dozzine e dozzine di gente armata. Complimenti.) e ci si immerge davvero nel Gioco (in tutti i sensi), ma per il resto è un continuo correre nelle mappe alla ricerca di “roba”.
E sia chiaro, non mi dispiace troppo, ma che sia utile. Ai fini della trama (o delle conseguenze) ci sono mappe interamente inutili, come l’Empire du Lion, le Distese Sibilanti o l’Oasi Proibita. Mappe create ma in cui la missione principale manco ci indica di passare. Almeno a Creestwood una capatina ce la fa fare, anche se veloce veloce.

Questa è la sensazione che mi ha lasciato Inquisition: una ricerca infinita di oggettistica per riempire e giustificare l’evoluzione di Dragon Age in un “quasi-open-world”, quando Origins funzionava benissimo con mappe molto più ridotte ma comunque “piene” di cose da fare e scoprire.

Spero che con il quarto capitolo di questa saga riprendano molte delle cose positive di Origins e che, soprattutto, si decidano a dare un senso al nemico principale. Non un altro tirato fuori da un DLC, per favore. Sono fiducioso anche solo perché, dai rumors che ho letto in rete, sembra che sia stato preso d’occhio il Tevinter. Finalmente.

Dorian, arrivo.

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JofSpades

All'anagrafe Luca, nasce come giocatore accanito di giochi di strategia militare, complice il padre. Poi scopre le avventure grafiche sul motore Scumm e appende ogni arma al chiodo per rincorrere Scimmie a Tre Teste e Tentacoli viola. Giocatore e Master di Giochi di Ruolo, cerca in tutti i modi di convincere le persone a partecipare ad una sessione di prova, dadi alla mano.