Quando Xbox One venne presentata al pubblico, Projectnerd.it ancora non esisteva. Se vi ricordate bene si alzò un grosso polverone mediativo quando Don Mattrick, l’allora uomo a capo della divisione Xbox di Microsoft, annunciò che Xbox One non avrebbe avuto un lettore CD potendo giocare agli amati videogiochi soltanto in formato digitale e soprattutto con la clausola dell’Always Online.
Furono in moltissimi a inveire contro il passato presidente di Xbox e nonostante fosse vero che Mattrick non era riuscito a comunicare nel modo migliore le potenzialità di One (decretandone le poche vendite rispetto a Ps4), a posteriori posso affermare come le intuizioni promosse con la “prima” versione di Xbox One alla fine si sono rivelate vere. Infatti, nonostante il pubblico diede di matto quando sentì parlare di “Always Online” e di “formato only digital“, pochi mesi dopo si dimostrò totalmente ipocrita, con un Fallout 4 che vendette più in formato digitale che fisico e soprattutto con un gioco come Destiny, venduto tanto quanto Call of Duty nel 2014, che proponeva una infrastruttura “Alway Online” obbligatoria.
Ironicamente Don Mattrick aveva azzeccato le previsioni del futuro, ma si sa: esistono milioni di persone che parlano soltanto con le parole di noti influencer senza minimamente analizzare la situazione ed è naturale aspettarsi situazioni contrantasti come quella prima descritta. Alla fine Steve Jobs aveva ragione: “I consumatori non sanno cosa desiderano fino al momento in cui non si mostra loro cosa vogliono”

Con un mercato Pc fondato quasi eslcusivamente sul Digital Delivery che è riuscito a fatturare più di tutte le console messe assieme per quanto concerne la compravendita di software, non è difficile prevedere un futuro fatto di gigabyte di dati stipati in enormi Hard Disk da centinaia di terabyte. Nel caso di Xbox One, nonostante le grandi modifiche hardware e il forte cambio di filosofia, rimarrà sempre una console votata al digital delivery e al “cloud ready“, pronta a soddisfare le esigenze dei consumatori con un tocco tutto particolare.
Nonostante ultimamente sono portato a pensare che Xbox One fosse stata creata con già in mente la volontà di metterci sopra Windows 10 con quello che ne consegue con le Universal App e il supporto cloud (affermando che Xbox One fosse originariamente un computer da gaming compatto come forse lo sarà Xbox Scorpio), a ben quattro anni di distanza, il nostro caro amico Phil Spencer, spesso accusato di essere in piena crisi di mezza età a causa del suo abbigliamento giovanile, ha annunciato l’arrivo di un servizio che sembra voler rivoluzionare il concetto di videogaming.
Xbox Game Pass è un servizio online offerto da Microsoft che propone il download di oltre 100 videogiochi presenti nel catalogo di Xbox One e Xbox 360, pagando una quasi insignificante somma di 9,90 dollari/euro al mese. Il servizio, subito equiparato a quanto portato avanti da Netflix, è subito riuscito ad attirare l’attenzione dei videogiocatori che, nonostante anni prima avessero espresso pensieri negativi nei confronti dei giochi “only digital”, proprio non possono fare a meno che essere acchiappati dalla forte convenienza del servizio di Microsoft.
La scelta di Phil Spencer fa però discutere su quello che sarà il futuro del gaming. E’ circa dal 2006 che sento parlare di gioco in streaming. Una delle prime aziende a crederci fu OnLive, che almeno negli Stati Uniti (e solo nel suo ultimo periodo di vita anche in Italia), permetteva la fruizione di un grandissimo catalogo di videogiochi tutti disponibili in modalità “streaming“. Nonostante l’esito finale non era niente affatto male (mi ricordo di aver giocato buona parte di The Witcher su sistema OnLive senza particolari problemi nonostante l’allora pessima 7Mb Telecom), l’azienda fallì miseramente lasciando un grande punto di domanda su quello che sarebbe stato il business del futuro.
Nel corso del settembre 2015, EA Games aveva affermato che nel prossimo futuro saremmo stati abituati a giocare centinaia di titoli al mese semplicemente spendendo una piccola somma di denaro alla pari di quanto già accade coi servizi in streaming di film e serie Tv. A quel tempo EA Games aveva appena lanciato sul mercato il suo servizio EA Game Pass, il quale permette la fruizione dei migliori titoli EA Games anche piuttosto recenti con un canone mensile di 4 dollari al mese.

Le considerazioni di EA Games, il passato di OnLive e l’attuale posizione di Phil Spencer mi fanno pensare di essere davanti a un enorme cambiamento radicale del modo di intendere il videoludo. Alla fine anche Sony Computer Entertainment, con l’acquisto di Gaikai avvenuto negli scorsi anni, si sta preparando per la rivoluzione dello streaming che, volere o volare, arriverà: ne sono certo.
La convenienza degli abbonamenti On Demand è tale da poter essere applicata a qualsiasi settore economico, videogiochi inclusi. Microsoft ha già confermato la partecipazione dei migliori publisher nel progetto di Xbox Game Pass e sono certo che sempre più aziende parteciperanno all’iniziativa di Redmond perché ne son sicuro: è questo il futuro, è questo che vuole il pubblico.
Ma allora Xbox One ha ancora tanto da dare? Tempo fa affermai che le potenzialità di One non sono ancora state espresse. E’ una console che ha la possibilità di collegarsi ai server di Azure e rielaborare videogiochi dalla grafica impossibile semplicemente con il supporto del cloud computing e chissà che in futuro Microsoft non prenda proprio questa strada. Nei riguardi di Xbox Scorpio invece, penso sia naturale pensare che la nuova proposta di Phil Spencer sarà progettata per dare il massimo anche per i contenuti in streaming futuri.
Perché lo ripeto: il gioco in streaming è il futuro (e Don Mattrick aveva ragione).