I giochi esaltati dalla critica sono ancora i preferiti del pubblico?
Chi legge Projectnerd.it è nell’ovvia conoscenza del giornalismo videoludico “salariato“. Come espresso nel Manifesto Contro la Stampa Videoludica Salariata, non è più cosa di pochi sapere che esistono persone “qualificate” che quotidianamente scrivono al soldo di aziende e grandi multinazionali.
Tale fenomeno in realtà affligge il giornalismo sin dal XVII Secolo e non è nienteaffatto qualcosa di nuovo (o qualcosa di poco risaputo). Tuttavia in ambito ludico per un buon ventennio, ovvero da quando le aziende hanno davvero incominciato a finanziare le grandi testate giornalistiche, sono stati tanti i giocatori a pendere letteralmente dalla penna di giornalisti anche stimati i quali si impegnavano a descrivere videogioci per quello che non erano.
I tempi sembrano però essere cambiati. Il pubblico oggigiorno è diventato molto più consapevole di quanto non lo fosse mai stato in passato. Tale fenomeno è ovviamente alimentato dall’azione di testate e blog indipendenti come Projectnerd.it che quotidianamente diffondono nel mondo riflessioni atipiche utili a intepretare l’odierno scenario videoludico (e non solo). Sta di fatto che proprio in questi giorni ho notato la conseguenza della presa di posizione di un pubblico che, a quanto pare, non è più incline a farsi prendere in giro.
Ritorniamo nel 2016, grande anno per l’industria videoludica. Nell’Anno Domini appena passato sono usciti capolavori del calibro di Uncharted 4, DOOM, Forza Horizon 3 e Battlefield 1, senza contare la miriade di giochi indipendenti di altissima qualità che hanno inondato il mercato (la lista di ottimi giochi pubblicati nel 2016 è davvero lunga). Quello che mi ha fatto piacere constatare è stata una sinergia molto forte e percepibile tra sviluppatori, ora fiduciosi di un mercato senza vincoli creativi, e un pubblico carico di aspettative e volenteroso di sperimentare con nuovi videogiochi. Insomma: un gioco “di nicchia” come DOOM non avrebbe mai fatto successo se fosse stato pubblicato nel corso del 2014, ove la follia per giochi di scarsa qualità come CoD o Battlefield 4 regnava sovrana.
Giusto l’altro giorno ho consultato la classifica software disponibile in tempo reale su Steam. Quello che ho potuto vedere lo avevo già intravisto qualche settimana fa, quando avevo consultato la sezione di Steam dedicata alle statistiche di ogni sorta che in quel caso fu a me utile per poter definire la futura Xbox One X come più potente della maggior parte dei computer da gaming degli utenti del negozio virtuale di Valve. In quel momento non feci troppa attenzione ai dati che Vapore stava in realtà evidenziando, ma a quanto pare qualcosa venne impresso nella mia mente e che mi sfuggì sino ad ora. Sono quindi ritornato nella medesima sezione “statistiche” per poter verificare quello che il mio cervello aveva captato, rimanendone quindi sorpreso.
Quello che ho potuto constatare è stato il completo abbandono di tutti quei videogiochi ben percepiti dalla critica (e in realtà anche dalle vendite), che a quanto pare sono stati incapaci di trattenere per più di una settimana le masse di giocatori. Ho trovato incredibile che nella TOP 100 dei giochi più giocati su Steam, For Honor figuri all’88° posto o che l’ultimo Ghost Recon, Wildlands, si sia fermato alla 66° posizione (i dati di uPlay in tal senso non sono molto diversi). Trovo altrettanto incredibile che Call of Duty: Infinite Warfare non sia nemmeno nella classifica (e al centesimo posto c’è EVE Online versione Steam con 1999 giocatori).
E’ interessante notare che su Origin di EA Games ci siano quasi più giocatori su Garden Warfare 2 che su Titanfall 2 (osannatissimo dalla critica internazionale), e che Need for Speed sembra essere stato abbandonato da tempo lasciando le sempre bagnate strade della notturna città in attesa di nuove ruote stridenti (che probabilmente non arriveranno mai, purtroppo).
D’altra parte i titoli più giocati sembrano essere quelli meno discussi quotidianamente dalla critica. Lasciando in pace Dota 2 e Cs: Go (ovviamente stragiocati per la loro natura), tra i primi posti dei titoli più giocati su vapore si trovano H1Z1 (Survival Zombie creato dalla collaborazione fra Sony e alcuni studios indipendenti), Playeruknown’s Battlegrounds, Team Fortress 2 (che sta ritornando in auge), GTA V, Football Manager 2017, Ark (purtroppo), Warframe e via discorrendo in una classifica di cento giochi felicemente punteggiata da tantissimi titoli indie di spessore e grandi Tripla A del passato. Ma come mai è accaduto questo?
Nonostante tutti i titoli prima citati abbiano in realtà venduto moltissimo (anche perché non sono affatto male), credo che ci sia stato un forte attrito di coerenza tra le critiche promosse dalla stampa salariata e la reale percezione del pubblico, tantoda convincere quest’ultimo ad abbandonare i titoli ben omaggiati sia dagli alti voti che dalle alte vendite ed evidenziando un grosso problema di fondo. Mi spiego meglio. Sembra che il pubblico si stia distaccando sempre di più dai binari suggeriti dalla critica videoludica. Anche noi di PjN.it abbiamo esaltato For Honor e Wildlands poiché, a tutti gli effetti, ci sono sembrati dei bei giochi e soprattutto degni di essere trattati. Tuttavia sembra che la critica, di cui anche io ne faccio parte sebbene in forma più di nicchia, sia fin troppo lontana dal volere del pubblico tant’è che i giocatori si stanno allontanando dai critici.
In altri settori, come per esempio quello musicale o filmografico, tale evento è già accaduto da tempo. La critica filmografica è quasi sempre diametralmente opposta al volere del pubblico così come quella musicale e anche automobilistica (si pensi a Top Gear, per esempio). In ambito videoludico tale scissione non è ancora avvenuta, sebbene da qualche tempo si avverte quella che può essere definita come la rottura del legame tra pubblico videoludico e stampa di settore. Di fatti, più andiamo avanti e più mi accorgo di come i videogiocatori, in qualche modo maturando, preferiscano gettarsi a capofitto nel mercato dando ascolto ad amici e parenti, piuttosto che dar conto alla critica di settore. Il chiaro segnale di questa tendenza lo si può estrapolare dalla proliferazione di progetti indipendenti su tutte le piattaforme videoludiche presenti sul mercato (che campano di passaparola e auto-promozione), nonché dalle vendite ambigue di giochi ad Alto Budget (i quali sembrano vendere moltissimo nelle prime ore di lancio per poi non essere più acquistati nei giorni successivi all’immissione sul mercato).
Contrariamente a quello che potreste pensare, trovo questo atteggiamento davvero grandioso. Il fatto che il pubblico rielabori informazioni al suo “interno” (quindi con il confronto con amici, parenti e conoscenti), piuttosto che pendere dalle labbra di qualche giornalista salariato è sicuramente un evento positivo che non può che restituire un mercato sano, competitivo e soprattutto creativamente appagante. Non è un caso che gli sviluppatori indipendenti così come quelli ad Alto Budget più di nicchia (come Arkhane per esempio), siano incredibilmente ottimisti nei confronti del mercato poiché sanno che a priori riusciranno a raggiungere i loro clienti di riferimento, con la consapevolezza e la certezza di poter essere accettati. In un mercato schiavo di poche idee invece, come quello da cui siamo appena usciti, non permette la penetrazione di prodotti “alternativi” poiché bollati come inutili e soprattutto..”brutti”.
Insomma: l’assenza dei binari della critica di settore elimina tutti quei pregiudizi preconfezionati che per un ventennio hanno legato lo sviluppo creativo dell’intero settore. Questo vuol dire che i giocatori si sono sparpagliati nel mercato scoprendo giochi, anche del passato, che mai avrebbero pensato di apprezzare e comprano di tutto. Immaginate milioni di videogiocatori che iniziano a scoprire che c’è molto di più del Call of Duty annuale: per costoro è come scoprire un nuovo continente, anzi: un nuovo pianeta, una nuova galassia, un nuovo universo. E’ il caso di titoli quali Civilization V, che nonostante il sesto capitolo sia già uscito sul mercato convincendo a pieni voti la critica internazionale, non solo è più giocato oggi che nei mesi successivi alla sua uscita, avvenuta nel 2010, ma è anche più giocato di Civilization VI, esempio lampante di un gioco del passato che ritorna in vetta come conseguenza di un pubblico più spalmato e desideroso di prodotti ben più variegati. Quest’atteggiamento da parte dei giocatori crea un mercato imprevedibile e difficile da intepretare, dove presente, passato e futuro si fondono assieme e obbligando le grandi multinazionali a impegnarsi al meglio per sfornare i titoli più interessanti che potrebbero creare, pena la perdita totale di fiducia da parte dei consumatori (vedasi Ubisoft).
Insomma: chi oggi vuol sfruttare a proprio vantaggio i meccanismi della stampa salariata per promuovere il proprio prodotto devetremare: il pericolo che i giocatori si accorgano che la recensione di settore è in realtà un’accozzaglia di idee false e che in alcun modo rappresentano il gioco reale è ormai troppo alto, fin troppo alto. Perché i giocatori ora stanno scoprendo, stanno capendo, si stanno acculturando e ora vogliono di più.
E chi vuole sfidare la sorte cercando di promuovere prodotti di scarsa qualità facendoli passare per titoli di prima scelta è costretto a perire sotto i colpi del giudizio di un mercato videoludico ormai più sano e consapevole di sè.