La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno, così inaspettata da farmi sobbalzare sulla sedia del mio ufficio. Il titolo di questo articolo parla chiaro: Raphael Colantonio, fondatore e frontman di Arkhane Studios, lascia la sua mansione creativa in una delle software house più strane e originali dell’ultimo ventennio per dedicarsi a una vita vicino alla sua famiglia.
Una scelta, quella di Colantonio, difficile da biasimare. Voglio dire: semmai vi dicessero che quanto avete guadagnato con l’ultimo lavoro può permettervi di vivere una vita lontano da qualsiasi professione data la grande mole di denaro in banca, voi cosa fareste? Nel caso di Colantonio, le sue origini italiane non lo hanno tradito e all’oscuro capitalismo ha preferito una vita serena di pace e tranquillità. Direi una scelta nobile e coraggiosa e che certo lascia perplessi chi, come me, credeva nella sua figura professionale, ma che d’altra parte si pone come esempio di una filosofia di vita pura e condivisibile.

Molto legato alle sue origini italiane, nel 2002 pubblica il primo gioco d’autore (mi piace chiamarlo in questo modo), sotto l’etichetta di Arkhane Studios, Arx Fatalis. Pensate che il nome del primo titolo della software house francese, Arx Fatalis, deriva dal nome latino della città natale dei nonni di Colantonio: Arce. Piccolo comune nella provincia di Frosinone, ai tempi degli imperatori e dei centurioni tale cittadina veniva chiamata con il nome di “Arx“, “fortezza”, da qui anche la scelta di Colantonio di intitolare la sua primissima creazione con un grande riferimento alle sue origini italiche.
Dalla sua penna di designer sono poi usciti videogiochi quali Dishonored, Dark Messiah e il recentissimo Prey, tutti videogiochi che sono riusciti a convincere critica e soprattutto un pubblico raffinato affamato di avventure intellettualmente stimolanti. Nel mio caso specifico ho sempre trovato i giochi di Colantonio in qualche modo controversi, imperfetti. Alla fine, ogni grande opera possiede grandi punti deboli e nel caso dei titoli prima citati si può far riferimento a livelli di gioco mal gestiti o a pecche tecniche difficili da non notare. Difetti, grandi, che rendono imperfette e quindi umane, creazioni che hanno segnato la storia moderna videoludica capaci, sole, di rapire qualsiasi videogiocatore se ne intenda di videogames.
Sinceramente mi dispiace moltissimo dell’addio prematuro di una figura come Colantonio nei confronti di una industria che ha disperatamente bisogno di un ricambio generazionale. Certo: egli ha lavorato per ben 18 anni in questo settore riuscendo, per altro, a ritagliarsi un successo tutto meritato. Dopotutto però il suo addio ce lo potevamo aspettare: Prey non sembra altro che citare i grandi avvenimenti del passato della vita di Raphael Colantonio, dalla vincita al concorso del Quiz dedicato a Ultima Online nel 1993, fino all’incontro di Harvey Smith di Origin Games. Un’opera, Prey, che sembra voler terminare una vera e propria era nella vita di Colantonio, una sorta di autobiografia utile a imprimere per sempre il nome di Colantonio nella storia “che conta” dell’industria videoludica.

In ogni caso, il nostro amico italo-francese ha promesso che in futuro si dedicherà comunque allo sviluppo di videogiochi dall’impatto molto personale, presumibilmente in studios indipendenti. Noi di Projectnerd.it gli auguriamo tanta buona fortuna, augurandogli il meglio per il suo futuro: se lo merita!