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Elite Dangerous: vi racconto una storia, la mia

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Elite Dangerous lascia così spazio d’immaginazione al giocatore, che…

…questo si lascia trascinare creando così il così detto “gioco di ruolo” che puo’ dar vita a storie.

La domanda è sempre la solita: siamo soli nell’universo?

Elite Dangerous risponde a questa domanda, Frontier – gli sviluppatori – ha da poco rilasciato il nuovo aggiornamento, il famoso 2.4. “The Return” si chiama così l’update che vede il ritorno degli alieni sul simulatore spaziale del ventunesimo secolo.

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Il ritorno, esatto, perché i Thargoids  – gli alieni della serie di Elite – già c’erano stati. Il primo incontro avvenne quasi 500 anni prima dell’anno attuale di Elite Dangerous, il nome “THARG” venne coniato dagli umani non appena videro questa nave aliena col nome scritto sopra lo scafo. Le circostanze di quell’incontro vennero tuttavia insabbiate, nessuno seppe più niente. L’opinione pubblica non venne a sapere nulla, rimasero tutti ignari della minaccia che sarebbe poi succeduta 500 anni dopo. Si dice anche che vennero tutti allontanati dalla galassia grazie ad un super virus. Magari, è stato proprio questo il racconto tenuto segreto. La storia è ad ogni modo troppo vecchia per essere ricordata, e chi la conosceva ancora è morto nello spazio profondo prima ancora di raccontarla alle nuove generazioni.

Anno 3303. Sono venuto a sapere di navi umane che vengono distrutte, sciolte e lasciate a marcire in zone dello spazio circondate da un’aria verde. Era da un po’ che usavo il mio Python, nave fabbricata da Faulcon DeLacy, una multiruolo, adatta a molteplici scopi, di media grandezza ma abbastanza grande da trasportare diverse tonnellate di oggetti per lo spazio. Non ho mai pensato di equipaggiarla con armi,  mi piace comunicare e socializzare, non combattere. Ed è ironico, visto che queste navi umane sono state distrutte da navicelle aliene. Uno penserebbe quindi che questi alieni, detti anche Thargoid(s), siano allora ostili. Non la penso allo stesso modo.

Sui vari giornali di Galnet ho letto che alcuni hanno già provato a sparare loro, della serie “prima spariamo poi si domanda”. Non abbiamo più saputo niente su quella flotta. Con ogni probabilità sono stati distrutti, sciolti da quegli alieni esattamente come gli altri relitti di navi umane. Io ho intenzione di comunicare con loro.

Quindi ci sono andato, mi sono diretto in una di quelle zone dalle polveri verdi nel profondo spazio nero, sparpagliato nel settore delle Pleiadi. E’ facile trovarne una, perché se ne trovano circa ogni minuto di viaggio e queste navi si mangiano miliardi di chilometri al secondo. Sono distanze siderali accorciate grazie a motori e propulsori adatti alla vita nello spazio. Ma non a scontri contro alieni dalla tecnologia avanzata mille anni a noi, almeno per ora, sembra.

Uscito fuori dalla Supercruise, mi ritrovo catapultato in questa zona grande chilometri, immersa in una nube di polveri verdi. Nell’oscuro vuoto dello spazio, dove regna il silenzio, la quiete viene improvvisamente fatta collassare da una ondata di suoni simili ad una serie di trombe. Mi guardo intorno, ma tutto ciò che vedo sono solo detriti di navi distrutte nel vuoto verde. Poi con una minacciosissima eleganza compare alla mia sinistra. Non so dire di preciso con quale materiale era fatto, so per certo che la forma era floreale, si era messo davanti a me e ha cominciato a scannerizzarmi con un raggio verde seguito da suoni agghiaccianti e prepotenti. La scansione dura dieci secondi, più o meno nella quale vedevo la mia nave tremare e la strumentazione subiva immense interferenze. Alla fine di questa, mi lascia andare come se niente fosse successo, lasciandosi dietro una scia di tenebra di un marrone arrossato.

Avevo letto su Galnet che questi cercano principalmente escape pod. Me ne ero portato uno dietro di proposito, raccolto da altri detriti umani. Francamente non mi sono preoccupato di vedere se c’era rimasto qualcuno all’interno, scannerizzandolo la navicella non aveva trovato forme di vita sopravvissute. Rimetto in moto la nave e comincio ad andare dietro alla nave aliena, adagio. Mi faccio però prendere dall’emozione, e spingo più del necessario la leva e la nave che piloto accelera di velocità. Mi sono pericolosamente avvicinato alla nave, così vicino che questa aveva interrotto la ricognizione della nube desolata per guardarmi un’altra volta. Aveva tirato fuori dei piccoli droni che svolazzavano attorno a lei, mentre la nave floreale si era illuminata di rosso, seguito da un rombo di suoni di avvertimento. Stava chiaramente dicendo “Stammi lontano.”

Inutile dire che mi sono tirato indietro di un centinaio di metri (e data l’enormità di questi affari, sono come un paio, di metri) prima che questo s’innervosisse di più. Alla fine quindi, getto dalla nave l’escape pod, cosìcché la creatura se ne interessasse. Ho aspettato qualche secondo, aveva di nuovo usato il raggio verde con cui mi aveva scannerizzato, l’escape pod però sembrava che si stesse avvicinando alla nave aliena come se questa lo stesse tirando a sé con una corda. L’escape pod scompare, al suo interno. Fatto questo, è ritornato a fare le sue scansioni, producendo gli stessi intensi e profondi suoni di una balena nel mare.

Manuele Musso

Scrittore improvvisato tra romanzi, sceneggiature e testi brevi. Ama i videogiochi, sarebbe capace di scrivere qualsiasi cosa su questi. Tende a guardare di più all'interfaccia di un videogioco piuttosto che al gameplay in sé, senza contare che pensa solo a quanto è smussato un poligono.