Pulp Fiction | La trama
Descrivere la trama di Pulp Fiction non è semplice. O meglio: è semplice, ma il rischio di non rendere la giusta idea è alto – dopo vedremo il perché. Inoltre, il film si muove su diverse linee narrative scollegate tra loro, anche se è possibile intuire che avvengono praticamente in contemporanea. Altro punto in comune a tutte le vicende è poi il loro riguardare, in un modo o nell’altro, il mondo della malavita.
In una delle linee, i gangstar Vincent Vega e Jules Winnfield (rispettivamente John Travolta e Samuel L. Jackson) sono in missione per il boss della mala Marcellus Wallace (interpretato da Ving Rhames), per il quale devono recuperare una valigetta. Lo stesso Marcellus Wallace è protagonista di un’altra vicenda, in cui lo vediamo intento a corrompere il pugile Butch Coolidge (interpretato da Bruce Willis). Infine, in una terza narrazione la camera segue Ringo e Yolanda (Tim Roth e Amanda Plummer), due ladri che decidono di rapinare la caffetteria dove stanno facendo colazione.
Pulp Fiction | Un lavoro di decostruzione
Se Quentin Tarantino è considerato uno dei più grandi registi postmoderni è grazie soprattutto al grande lavoro di decostruzione del genere e della narrazione cinematografica che ha contraddistinto l’inizio della sua carriera. Già il suo debutto Le iene conteneva molti degli elementi tipici di questa operazione, ma è con Pulp Fiction che il regista arriva all’esercizio perfetto.
Decostruzione del genere, abbiamo detto. Tarantino infatti prende il gangster movie e, innanzi tutto, lo riporta alle origini: lo riporta alla dimensione del pulp, che definiva il genere nei primi decenni del Novecento. Non si accontenta però di fare questo; Quentin Tarantino enfatizza tutti gli stereotipi, fa recitare i suoi personaggi sempre sopra le righe, creando di fatto una realtà allucinata, evidentemente falsa, in cui anche la violenza assume un significato diverso da quello che ha nella realtà. Realizza di fatto una summa del genere, capace di evidenziarne i cliché e i paletti senza esserne però la parodia.
Allo stesso tempo, Tarantino decostruisce la narrazione. Le vicende non si succedono in ordine cronologico e più di una volta si passa da una vicenda all’altra lasciando in sospeso lo svolgimento della prima. Il film, tramite questo espediente, si libera dalla prigione della narrazione orizzontale e riesce, tramite l’accostamento di immagini apparentemente scollegata, a fare del montaggio un linguaggio tramite il quale parlare con lo spettatore.
Un esempio di quanto affermato nel paragrafo precedente è il personaggio di John Travolta, il sicario Vincent Vega. Assisitiamo infatti alla morte di Vega all’incirca a metà del film, per poi vederlo ricomparire di lì a un quarto d’ora. Vincent non è tornato dal mondo dei morti, semplicemente la narrazione ci ha riportato nel passato e, permettendoci di osservare sue le azioni e ascoltare le sue parole, ci porta a chiederci se la causa della sua morte non sia stata proprio la sua condotta. In particolare, la riflessione diventa semplice se si paragona il carattere di Travola a quello di Samuel L. Jackson, Jules Winnfield, che a differenza del suo compare è capace di riconoscere che il momento di fermarsi è arrivato.
Riassunto
Pulp Fiction di Quentin Tarantino è un capolavoro, nel vero senso del termine. La capacità di questa pellicola di giocare con il genere e la narrazione cinematografica è assolutamente incredibile.