Devono purtroppo ancora attendere i fan italiani per potersi gustare Ant-Man and the Wasp, che uscirà nelle nostre sale solo a partire dal 14 agosto. Il film, presentato a L.A. il 25 giugno, è stato distribuito negli USA e in alcuni altri paesi da inizio luglio, il che ha permesso a noi di Project Nerd di vederlo e commentarlo in anteprima per voi.
Sequel del quasi omonimo film del 2015, Ant-Man, il ventesimo lungometraggio del MCU vede il ritorno di Paul Rudd nel ruolo principale di Scott Lang/Ant-Man, di Evangeline Lilly (Lost) in quello di Hope van Dyne/the Wasp, di Michael Douglas in quello di suo padre, lo scienziato (e precedente Ant-Man) Hank Pym e, in quello di Luis, ex-compagno di cella e ora socio di Scott, di un formidabile Michael Peña, la cui simpatia da sola vale il costo del biglietto. Completano il cast Michelle Pfeiffer, la “Vespa” originale, mamma di Hope, e Laurence Fishburne, il Morpheus di Matrix lievemente invecchiato e un po’ imbolsito. La regia è ancora una volta di Peyton Reed.
La trama di Ant-Man and the Wasp
Sono passati due anni: Scott sta scontando gli ultimi giorni dei suoi arresti domiciliari, causati dall’aver infranto gli accordi di Sokovia per aiutare Captain America durante gli eventi di Civil War. Lang trascorre tranquillamente le sue giornate giocando con la figlia nel week-end, lavorando con il suo socio Luis (Michael Peña), imparando trucchi di magia on line e suonando la batteria. Viene seguito a vista dall’agente dello S.H.I.E.L.D Jimmy Woo (Randall Park) – il cui unico scopo e unica occupazione nella vita pare essere irrompere nella sua dimora ogniqualvolta sospetti che l’ex-supereroe stia contravvenendo alla condanna.

Quando ormai mancano giusto due giorni alla fine della pena, Scott fa un sogno estremamente vivido in cui gli sembra di essere Janet van Dyne, la mamma di Hope e la Wasp originale, rimasta imprigionata nell’universo quantico dal 1987 dopo essersi eccessivamente miniaturizzata per disinnescare insieme al marito Hank (l’Ant-Man originale) una testata nucleare sovietica. Pensa allora di avvisare – segretamente – lo stesso Hank (Michael Douglas) e la figlia Hope (Evangeline Lilly), latitanti sempre a causa della sua decisione di aiutare Captain America. E da qui iniziano gli ultimi due giorni di arresti domiciliari più intensi che si possano immaginare.
Scott viene “prelevato” da Hope, che nel frattempo ha iniziato a indossare il costume della “Vespa” e perfezionato la tecnologia miniaturizzante col padre. Oltre a far ciò, i due scienziati hanno sviluppato insieme una specie di tunnel quantico, con l’obiettivo di cercare di riportare in questo universo la madre dispersa. Dopo avere, infatti, nel film precedente, assistito al miracoloso ritorno di Scott da quel regno immensamente piccolo, padre e figlia avevano immaginato si potesse sperare di fare riapparire anche lei.
Seguono una serie vorticosa di eventi: inseguimenti, rimpicciolimenti, ingrandimenti, ingigantimenti, corse avanti e indietro dalla casa di Scott per non farsi beccare dall’agente dello S.H.I.E.L.D.; incontri con un fantasma, anch’esso legato al passato di Hank e alle sue ricerche; scontri con un equivoco contrabbandiere di componenti tecnologici, che ha legami con malviventi ma anche talpe tra i federali; azione, calci e pugni alla Bruce Lee, battute, risate e chi più ne ha più ne metta, in puro stile Marvel.
Si potrebbe, ovviamente, essere più specifici, ma non senza rischiare l’eccesso di spoiler.

Un tripudio di effetti speciali ben orchestrati
La prima cosa che colpisce guardando Ant-Man and the Wasp è la fluidità con cui gli effetti speciali vengono adoperati, al punto da essere pesantemente presenti senza quasi ci sia modo di accorgersene.
Ad iniziare dalle scene di un flashback, in cui vediamo una giovane Michelle Pfeiffer e un giovane Michael Douglas nel giorno in cui salutano la loro figlioletta per partire in missione (disinnescare l’ordigno nucleare sovietico di cui sopra). L’aspetto strabiliante è che chi interpreta Janet e Hank nel passato non sono, come di consueto in questi frangenti, altri due attori vagamente somiglianti a Pfeiffer e Douglas, ma sono davvero loro… più giovani! Miracoli del make-up? Non in questo caso: il miracolo si chiama CGI (computer-generated imagery), campo in cui la Marvel (e la Disney con lei) non è seconda a nessuno.
Sul corpo di due attori i cui tratti fisici sono – vagamente – somiglianti a quelli delle due star hollywoodiane in questione, sono state proiettate le immagini della giovane Michelle e del Douglas dell’epoca di Wall Street, con un risultato davvero incredibile, al punto che vedendoli viene davvero da chiedersi come sia stato possibile. L’attrice che presta il suo fisico a Michelle Pfeiffer, Hayley Lovitt, a dire il vero, la ricorda abbastanza, ma l’effetto sullo schermo è di un salto indietro nel tempo impressionante.

Un altro aspetto per cui sono stati usati magistralmente gli effetti speciali riguarda i numerosissimi momenti in cui non solo Ant-Man e the Wasp cambiano di dimensioni, ma anche oggetti, macchine, palazzi. Il miglioramento della tecnologia permette infatti in questo film a Hope, in particolare (che è dotata di blaster stordenti e miniaturizzanti), ma anche agli altri (tramite telecomandi) di ingrandire o rimpicciolire a piacere potenzialmente qualsiasi cosa. I cambi di grandezza avvengono in modo talmente naturale da rendere impercettibile la tecnica che vi è dietro, che comprende modellini, studi 3D, fotografia, blue screen e CGI, ed è stata realizzata in collaborazione con Luma Pictures, come nel precedente episodio di Ant-Man.
Grazie a loro, si realizza il sogno di ogni bambino: avere un parco macchine portatile che con un semplice clic diventa a dimensione reale. Basta vedere la faccia di Michael Peña con gli occhi luccicanti di emozione per intuire cosa possa provare ogni altro spettatore amante delle automobili guardando quelle scene.
Meno impressionante ma comunque notevole la fluttuazione quantica in cui è intrappolato il personaggio del Ghost (Hannah John-Kamen) e la ricostruzione dell’universo quantico. E sì, in Ant-Man and the Wasp una delle parole più spesso ripetute è proprio “quantico”, come nota lo stesso Scott durante il film
“Do you guys have to use the word “quantic” at the end of every sentence”? [“Ragazzi, dovete usare la parola “quantico” alla fine di ogni frase?”]

L’humour di Ant-Man and the Wasp
Ormai le battute divertenti e ironiche sono diventate un classico dei film Marvel, e il sequel di Ant-Man non è sicuramente da meno, anzi. Anche grazie all’apporto alla sceneggiatura di Paul Rudd, che già aveva contribuito ai lati brillanti del primo episodio, Ant-Man and the Wasp ha dei momenti in cui si sfiora l’action-comedy.
In questo senso va segnalata la verve comica di Michael Peña, che supera se stesso quando gli viene somministrato l’equivalente di un siero della verità dai sedicenti scagnozzi di Sonny Burch (Walton Goggins), il criminale di “basso-livello” che vuole vendere la tecnologia di Pym al mercato nero. Anche i partner di Peña della X-Con Security non sono da meno e concorrono a creare dei botta-e-risposta esilaranti.
Vera rivelazione del film è l’agente Woo dello S.H.I.E.L.D., interpretato da Randall Park: oltre a offrirci attimi di sane risate, ci fa sospettare ci sia in ballo per lui qualche ruolo più consistente nell’universo MCU, visto che si tratta di un carattere presente anche nei fumetti e che i fan credono possa preludere a un qualche sviluppo televisivo o filmico della serie Agents of Atlas.
Dopo la tragedia (per i fan ancora bruciante) di Infinity War e l’epopea di Black Panther, con Ant-Man and the Wasp si tira comunque un gran sospiro di sollievo: non ci sono imminenti catastrofi su scala universale da evitare, non ci sono lotte fratricide e sensi di colpa che ricadono sui figli.
C’è piuttosto un dramma familiare: una madre estremamente tosta che si è persa in missione, sacrificandosi – lei – per l’umanità, il tentativo della figlia e del padre di riportarla indietro, e il rapporto tra di loro che si sta ricucendo, dopo essere stato a lungo complicato, come ci mostrava il primo film della serie.
I rapporti familiari sembrano essere il focus dell’attenzione, insieme con i cambi generazionali. Assistiamo, infatti, ad una prima famiglia di super-eroi – Pfeiffer-Douglas – cui succede la nuova coppia Ant-Man e the Wasp formata dalla loro figlia e da Scott. E pare preannunciarsi – o quantomeno accennarsi – la possibilità che anche la figlia di Scott possa, in futuro, intraprendere la strada del padre e decidere di aiutare il suo prossimo facendogli da “partner”. Si apre quindi la via, in modo ancora molto allusivo, a quella seconda generazione di super-heroes che molti sospettano essere l’evoluzione che la Marvel ha in serbo dopo la fine di Avengers 4: End Game (se il titolo verrà confermato).

SPOILER ALERT:
I legami con Avengers 4, il cameo e gli after-credits
Se andrete a vedere questo film con la speranza di avere chissà quali anticipazioni sul post-Thanos, ad ogni modo, rimarrete piuttosto delusi. A parte l’allusione alla possibilità che le generazioni di super-eroi si succedano, cui abbiamo accennato, e un breve e fugace richiamo all’eventualità di rimanere intrappolati in salti temporali se si rimane troppo a lungo nell’universo quantico, abbozzato nelle consuete scene post-credits, non ci sono molte altre indicazioni che possano servire a delucidare su ciò che ci attende nel MCU.
Il solito cameo di Stan Lee, che fa riferimento al suo avere usato troppe sostanze stupefacenti negli anni ’60, è sia una strizzatina d’occhio alla teoria ormai nota secondo cui è un osservatore sia un omaggio agli anni in cui il personaggio di Ant-Man è stato creato.
Riguardo alle scene nei titoli di coda, sono due, una di cui si è brevemente trattato (e che ha un risvolto più drammatico taciuto per non rovinare la – triste – sorpresa), una seconda francamente inutile. Da segnalare invece la sigla di coda con tutta una serie di inquadrature del film rifatte tramite modellini, che farebbero gola a più di un collezionista.
Bilancio finale
Ant-Man and the Wasp è divertente, ben fatto, con effetti speciali spettacolari e una giusta dose di umorismo. Costituisce un altro passo avanti per il “girl-power“: prima volta in cui una super-eroina è nel titolo; presenza di due super-eroine, non una, entrambe super toste e in ruoli principali; infine altro personaggio importante donna (il solito spoiler alert impedisce precisazioni). Da notare anche la natura del cattivo, che un’ulteriore volta cattivo-proprio-cattivo-non-è, almeno non fino in fondo, avendo serie e comprensibili motivazioni per comportarsi come si comporta. Tuttavia, non è probabilmente un film imperdibile, anche ai fini dello svolgimento della storia dell’universo Marvel. Ciò non toglie che sia una visione piacevole, leggera e, nel complesso, estremamente godibile. Come alla fine i film di super-eroi dovrebbero essere.
Adatto alle famiglie.