Dylan Dog #384

Dylan Dog #384 – La macchina che non voleva morire – La recensione Lo storico maggiolone bianco protagonista dell’albo di settembre dell’Indagatore dell’Incubo

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Per lo storico maggiolone bianco di Dylan Dog è tempo di rottamazione. Non ha superato la revisione e non può più circolare, per questo l’Indagatore dell’Incubo deve liberarsene. L’iconica Volkswagen di Dylan Dog uscirà definitivamente di scena? La risposta è nell’albo numero 384 di settembre, La macchina che non voleva morire, scritto da Gigi Simeoni con disegni di Sergio Gerasi.

Per l’Indagatore dell’Incubo non è semplice abbandonare la sua automobile, fedele compagna di mille avventure. Tra il dolore per la separazione e i sensi di colpa per le mancate cure riservatele nel corso di tutti questi anni, Dylan decide di vendere il suo maggiolone alla cifra simbolica di una sterlina a un collezionista di auto d’epoca.

L’automobile, tuttavia, non vuole proprio saperne di separarsi da Dylan. Ogni notte torna a casa, in Craven Road 7, parcheggiandosi sul marciapiede, con conseguente rischio di multa per l’Indagatore dell’Incubo, che risulta stranamente ancora proprietario della Volkswagen. Non solo. Scotland Yard sta indagando su una serie di omicidi stradali compiuti da un’auto-pirata le cui caratteristiche, stando alle prove raccolte, corrispondono proprio all’auto dell’Old Boy. O, meglio, a quella che dovrebbe essere la sua ex-auto.

Gigi Simeoni unisce uno spunto narrativo consolidato nella narrativa fantastica, quello degli oggetti animati e, nella fattispecie, dell’automobile assassina, a una situazione tipicamente dylaniata, con il protagonista alle prese con le pastoie della burocrazia. Il risultato è una trama sicuramente godibile, che vede l’intervento risolutore di una vecchia conoscenza dei fan dell’Indagatore dell’Incubo. L’albo è collegato a un altro numero di Dylan Dog scritto da Simeoni, Il sapore dell’acqua, oltre a portare avanti la sottotrama riguardante i rapporti tra Dylan, Rania e Carpenter.

Come da marchio di fabbrica dell’autore, i dialoghi dell’albo sono di ottimo livello. Oltre a un Groucho in assoluta forma, da segnalare anche la scena in cui Dylan e il suo assistente si recano nella villa dell’acquirente del maggiolone bianco. Il collezionista mostra con orgoglio ai due le sue auto, tra cui un maggiolone identitico a quello di Dylan, ma con i colori invertiti, ossia nero con inserti bianchi. Come afferma il collezionista, l’automobile proviene da “un filmetto horror americano di scarsa fortuna”, chiaro riferimento alla pellicola del 2011 Dylan Dog – Il film diretta da Kevin Munroe, che non ha di certo suscitato l’entusiasmo dei fan (e degli autori) dell’Old Boy.

Positiva anche la prova ai disegni di Sergio Gerasi, che in bianco e nero dà forse il meglio di sè, come dimostrano i suoi bellissimi chiaroscuri. Forse si poteva osare qualcosa di più nelle (rare) scene splatter. Cover di Gigi Cavenago come sempre superba.

La macchina che non voleva morire è dunque un buon numero, che ha il pregio di mettere al centro della scena un “personaggio” molto importante nella saga di Dylan Dog. L’albo si lascia sicuramente leggere in modo piacevole, anche grazie agli agganci a una tematica ormai classica che facilitano la comprensione della trama al lettore. Allo stesso tempo, tuttavia, questo rappresenta probabilmente il limite principale dell’albo, che risulta forse non originalissimo, per quanto certamente godibile.

Da segnalare, infine, l’annuncio in seconda di copertina dell’imminente ciclo della Meteora, che prenderà il via con il numero di novembre di Dylan Dog. Un evento molto atteso dai fan dell’Indagatore dell’Incubo e che vedrà, per la prima volta, una continuity serrata tra gli albi della serie. Nello stesso mese, l’Old Boy sarà inoltre impegnato nel team-up con Morgan Lost, altro eroe della Sergio Bonelli Editore.

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Dylan Dog #384 - La macchina che non voleva morire
  • TRAMA
  • DIALOGHI
  • DISEGNI
3.6

Roberto Iacopini

Classe 1984, insegnante, giornalista, sta ancora cercando di espandere il suo cosmo per raggiungere il settimo senso... ma si accontenterebbe del quinto e mezzo