The Farewell – Una bugia buona: La Recensione Perfetto per il giorno della Vigilia di Natale. The Farewell – Una bugia buona è un film famigliare, splendidamente intenso e commovente. Un’opera riuscita, che fa riflettere.

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La prima cosa che ti insegnano quando vuoi fare il regista è raccontare qualcosa che si conosce molto bene. Un vissuto in prima persona. Tutto quello che ha segnato o influenzato la propria esistenza è un mondo esplorato e per questo più facile da trasporre in immagini. E’ il caso di Lulu Wang, regista di origini cinesi cresciuta a New York, che ha esorcizzato il dolore e la paura di perdere l’adorata nonna dirigendo The Farewell. Il film si propone anche di mettere in evidenza le abissali differenze culturali tra oriente e occidente, con tanto di aspetti etici e morali sui quali il pubblico può meditare. C’è estrema profondità in questo film indie di modeste pretese, ma di grande significato. La Wang si era già cimentata in passato (2016) in un racconto dal titolo What You Don’t Know. Soggetto molto affine alla sceneggiatura di The Farewell. Una Bugia buona rientra nel genere dramedy, e se il film sviscera molti argomenti stuzzicanti, d’altra parte sotto certi punti di vista, è anche un po’ furbetto. Però è quel ricattatorio che piace, gestito non per sequestrare lo spettatore, ma solo per raccontare una storia fuori dai canoni comuni. Il film ha un buon ritmo narrativo con degli ottimi cambi di registro. Si passa dalla riflessione sulla perdita a scene divertenti e spassose dove l’equivoco la fa da padrone. Rendendo così il serio godibile. Ci si affeziona ai personaggi, raccontanti verticalmente nel loro modo di vedere la vita e il mondo.

Billi (Awkwafina) è una ragazza che vive nella Grande Mela insieme alla sua famiglia di origini cinesi. Immigrati negli States, la loro vita ha subito un grosso cambiamento e Billi si sente ormai un’americana a tutti gli effetti. La giovane, con velleità artistiche di scrittura, sente spesso la nonna Nai-Nai (Zhao Shuzhen) tramite cellulare. L’anziana vive nella città cinese di Changchun. Un giorno Billi viene convocata dalla famiglia. Gli comunicano che la nonna ha un tumore in stato avanzato e che per lei ci sono veramente pochissime speranze di vita. Alla ragazza cade il mondo addosso visto il forte legame con la nonna. Loro due si confortano a vicenda, ma questa volta Billi non sa come reagirà alla prossima telefonata dalla Cina. Il padre e la madre di Billi hanno deciso di non dire nulla della malattia all’anziana parente. Ora sono pronti per tornare in patria, con la scusa di un finto matrimonio, per dargli l’ultimo saluto a sua insaputa. E sono fermamente decisi a non portare Billi in Cina, consci del fatto che potrebbe crollare davanti alla nonna. Gli ultimi giorni di Nai-Nai è giusto che siano sereni, senza pensare all’imminente dipartita. Ma Billi prende un volo e arriva a casa dell’amata nonna. Tiene il gioco dei genitori, ma con l’andare del tempo la sensazione che sia sbagliato non dire nulla si fa sempre più insistente. Esce prepotentemente l’occidentalità di Billi, ormai pienamente contagiata dai luoghi e costumi americani. Il rapporto tra nipote e nonna si fortifica sempre più in questi giorni insieme. Giorni sempre in bilico tra bugia e verità. Lo stare insieme sarà di grande aiuto per Billi, che capirà molto di se stessa e del mondo in tutte le sue molteplici sfaccettature.

The Farewell è un prodotto made in Cina in co-sharing con gli USA. Il suo debutto sul grande schermo risale ormai ad un anno fa: al Sundance Film Festival 2019. In Italia lo abbiamo potuto apprezzare alla Festa del Cinema di Roma dello scorso mese di Ottobre. Un film piccolo, che strada facendo si è fatto grande. Tanto da essere nominato ai prossimi Golden Globe del 5 Gennaio 2020 nella categoria Miglior film straniero. E anche la sua protagonista Awkwafina si è portata a casa una nomination nella categoria Miglior attrice protagonista in un film commedia o musicale.

Partiamo da uno degli aspetti più evidenti, che rappresenta l’anima del film e i suoi concetti. La scenografia di Yong Ok Lee ci porta nella quotidianità di New York e di Changchun, proprio nel cuore della cultura. E qui si possono vedere fin da subito le abissali differenze tra le due città. Gli ambienti parlano da soli, aprendo così le discussioni tra tradizione e modernità. Nella severità della usanze orientali vive una forma di rispetto per la vita che va contro la violenza: non comunicare al malato che sta morendo. Eticamente può essere anche un errore, ma su questo è giusto interrogarsi. In un mondo colmo di violenza può essere una filosofia percorribile e non per forza da giudicare negativamente. Libertà di esistere segregando il male ad un altro universo. L’illecito diventa lecito, in Cina è una normalità condivisibile. Negli States è l’opposto, nell’essere sempre aggiornarti senza lasciare spazi bui, è impensabile non dire al malato della malattia. Moralmente è corretto, ma come appena detto sopra, opinabile. E’ questo quello che fa la pellicola di Lulu Wang, aprire le vedute contro la moralità a testa bassa. The Farewell lo fa attraverso una sceneggiatura calibrata, senza cadute di stile e dove lo stereotipo viene usato per raccontare e non per etichettare. E’ un film affettuoso e premuroso senza usare chissà quali sdolcinerie, dove troviamo un caloroso senso di comunità riparatrice. Il film ti scalda proprio il cuore.

La regista Lulu Wang dimostra di conoscere l’argomento e lascia alla macchina da presa la libertà di raccontare il suo vissuto, senza artefatti. Il suo sguardo, più occidentale che orientale, si pone su molti primi piani di Billi e di nonna Nai-Nai, che riassumono inequivocabilmente il concetto del sapere e non sapere. Si rafforza così un altro fondamentale concetto: quello della cura. Con questo gioco Billi dimostra quanto tiene alla nonna e così facendo si prende cura di lei.Riguardo gli aspetti morali la regista danese Susanne Bier (Oscar come miglior film straniero per “In un mondo migliore” – 2010) ne è una grande comunicatrice contemporanea e Lulu Wang ci ricorda qualcosa del suo cinema.

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3.7