Apprendere per pensare: come si addestra un’intelligenza artificiale

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In un’epoca in cui le macchine sembrano diventare sempre più intelligenti, una domanda affiora con naturalezza: come si insegna a un’intelligenza artificiale a “capire” il mondo? Se oggi assistiamo a robot che analizzano radiografie, assistenti virtuali che rispondono alle nostre domande e sistemi in grado di scrivere testi o tradurre lingue, è perché prima di tutto sono stati addestrati. Ma il termine “addestramento”, preso in prestito dal mondo umano e animale, nasconde in realtà una molteplicità di approcci tecnici e filosofici, ognuno con implicazioni diverse, soprattutto per il nostro futuro lavorativo.

Apprendimento supervisionato

Il primo e forse più intuitivo tra i metodi è l’apprendimento supervisionato. In questo schema, l’intelligenza artificiale viene nutrita con grandi quantità di dati già etichettati, come se fosse uno studente a cui si mostrano domande con le risposte corrette. Un sistema che analizza curriculum vitae, per esempio, potrebbe essere stato allenato su migliaia di candidature passate, ciascuna già valutata da esseri umani. In questo modo, impara a riconoscere schemi ricorrenti tra chi viene assunto e chi no. Ma questa modalità ha un limite intrinseco: l’intelligenza replica ciò che ha visto, senza deviare dalla logica sottostante ai dati originari. E se i dati fossero distorti da pregiudizi o pratiche scorrette, la macchina li imparerebbe come verità. Di seguito alcune strategie (funzioni e algoritmi) utilizzate nell’apprendimento supervisionato.

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Ary