Giunge come un fulmine a ciel sereno l’ennesima fatica di Bryan Fuller (dopo il tormentato ma affascinante serial tv su Hannibal).
Un fulmine proveniente nientemeno che dal padre degli Dei si potrebbe dire, da quello Zeus o quell’Odino tanto caro ai nostri progenitori antichi.
Un paragone che su American Gods ci sta meglio di quanto possiate immaginare.
Se non siete conoscitori dell’opera letteraria di Neil Gaiman dal medesimo nome che negli anni ha fatto da fonte d’ispirazioni a numerosi prodotti (tra cui Supernatural, ormai antica quanto il diavolo) sappiate che questa recensione unisce la fonte originale da quella televisiva che nel giorno del 1° Maggio 2017 ha avuto la sua Season Premiere, sul digital Demand di Amazon (Amazon Prime Video).

American Gods parla di fede e di religioni. Parla di uomini piccoli e di Dei potentissimi. Parla di come un dio attinge ai suoi immensi poteri e di come il contrasto tra le diverse religioni crea contrasto anche ai piani alti, lassù dove gli dei soggiornano e guardano noi che ci agitiamo come formiche.
Il romanzo originale dell’inglese Neil Gaiman parla di un viaggio lungo tutta l’America falciata da povertà, desolazione d’animo ma anche di nuovi miti da adorare.
Fatto spazio tra i vecchi e mitologici regni celesti, nella società contemporanea c’è l’adorazione di nuove figure tra cui il denaro, la tecnologia e molti altri riferimenti che ora che vi elenco, vi risultano tutti tremendamente veri.
Nella controparte televisiva creata per il canale Starz (lo stesso di Spartacus, perciò sappiate che il livello di gore è alto), la fedeltà del primo episodio con la primissima parte del romanzo risulta efficace e quasi perfetta ed anzi, unisce qualcosa di più per accontentare gli insaziabili americani che non capirebbero una H di quanto appare sullo schermo nei 45 minuti di premiere.
La storia inizia con un racconto sui nordici vichinghi, giunti dalle lontane terre europee fino in America dove, impossibilitati a conquistare il territorio per via degli ostili e furbissimi indiani americani, si ritrovano a dover tornare a casa ma la loro partenza è a lungo posticipata per via della scarsità del vento.
Il loro dio Odino, è invocato da loro tramite sacrifici e sangue sparso in battaglia e per far posare l’occhio di Odino così lontano la guarnigione vichinga si dà ad esilaranti sistemi di sacrifici e dolorosi rituali fino a doversi letteralmente combattere tra loro sulla spiaggia.
Il risultato dopo spargimenti di sangue e arti mozzati è assicurato, il vento torna e possono tornare indietro.
Ma Odino ha visto l’America, sa che esiste e sa che non è l’unico dio.
Le vicende della serie sono orientate a Shadow Moon (Ricky Whittle – The 100) che prossimo all’uscita dal carcere scopre che la moglie Laura (Emily Browning – la Violet Baudelaire del film Lemony Snicket) è morta in un incidente con il miglior amico di Shadow, Robbie.
Anticipata la sua uscita dal carcere per poter partecipare perlomeno al funerale, lungo la via che lo riporterà a casa Shadow incontra il bizzarro Mr.Wednesday (Ian Mcshane – Il trono di Spade & Pirati Dei Caraibi) che sembra conoscerlo bene e gli propone per diverse volte un lavoro allettante.
Arrivato a scoprire che la moglie e l’amico se la facevano alla grande, Shadow decide di accettare il lavoro come “guardia del corpo” di Wednesday ma prima che possa iniziare la sua nuova attività fa la conoscenza di un ragazzo molto strano, Technical Boy (Bruce Langley) e dei suoi scagnozzi senza volto.

Quando affronterete American Gods sappiate subito che i personaggi appariranno come delle caricature di se stessi, non per una sceneggiatura scarsa ma proprio perché a parte Shadow con la sua tragedia familiare, tutti gli altri individui che lo incontrano/affrontano sembrano folli imitazioni di vita, esagerati ed esacerbati nei modi di fare e nei discorsi che propongono al pover’uomo.
Wednesday è forse il più normale e cinico tra tutti, immancabile il pensiero che sappia davvero tanto (e si scoprirà nei prossimi episodi il motivo), tutti dalla nevrotica dipendente aeroportuale all’ubriaca amica della moglie di Shadow, Laura, sembrano recitare una parte che gli sta stretta e che vorrebbero liberare.
Fa tutto parte del gioco e del divertimento di Fuller che già con Hannibal ha esasperato il lato pulsante dei serial killer.
Non siate frettolosi a giudicare l’opera dal primo episodio che mostra già tutte le carte del mazzo: violenza sopra le righe, viaggi onirici in una dimensione a metà strada tra la favola e il mondo alieno, personaggi assurdi, sesso.
Sul fronte recitativo abbiamo una squadra molto buona che però viene trainata dalla dote recitativa di Ian Mcshane che dopo essere stato il pirata Barbanera in lotta con Jack Sparrow e la chiave di volta di uno dei personaggi de “Il Trono di Spade” torna a vestire i panni di un misterioso individuo con spiccate doti di convincimento e una lingua tagliente.
Ricky Whittle dimostra di essere spaesato a sufficienza nei panni di Shadow (il nome deriva da una madre hippie), tormentato da sogni che non riesce a comprendere e per di più sconvolto dall’improvvisa morte della moglie al quale rivolgeva ancora dopo anni passati dietro le sbarre, parole d’amore.
Il suo personaggio ha doti nascoste che sicuramente avremmo modo di conoscere meglio, così così come tutto il campionario di personaggi/dei che ancora non abbiamo avuto il piacere di incontrare.
Sono infatti in “dolce” attesa del ruolo di Peter Stormare e Gillian Anderson che nelle prossime puntate faranno il loro ingresso in campo.

Una puntata che mostra le sue carte ma che non si azzarda a svelare la sua strategia, un po’ come se avessimo assistito ad un maestro di scacchi che invece di iniziare il suo attacco muove un solo pedone sulla scacchiera.
Amazon Prime Video negli 8 episodi che costituiscono la prima stagione dovrà giocarsi bene la partita o i nuovi Dei l’avranno vinta sicuramente.

