MI PIACE MORIRE
Quando durante l’E3 2011 presentarono con un pacchiano trailer un nuovo Halo, subito esplosi di gioia. Un minuto e ventitré secondi dopo, piansi dalla rabbia: Halo 4 fu così presentato, a soli 4 anni da Halo 3 e a uno da ciò che io chiamo scherzosamente “Halo: Breach“. Fu per me un vero pugno nell’occhio.
Il motivo era semplice: da fan sfegatato della saga, tanto da aver acquistato ogni sorta di gadget, visitato ogni esposizione a tema Halo e visitato ogni forum nella rete Internet dedicato al mio sparatutto preferito, non sentivo affatto il bisogno di personificare per la quarta volta Master Chief. Non solo: per anni avevo affermato quanto Master Chief fosse morto, quanto il finale di Halo 3 fosse poetico perché, letteralmente, poneva FINE a ogni sorta di rivalsa da parte dei Covenant nonché terminava in modo onesto e pratico un arco narrativo durato ben sei anni.
No: rivedere Master Chief in azione combattere i Covenant fu un vero affronto. E così, la mia seconda Xbox 360 volò giù dal balcone di casa mia e, felicemente, non ne riacquistai più.
E3 2013, tutto procede per il peggio: Microsoft presenta Xbox One come un videoregistratore, Sony presenta Playstation 4 come una Xbox 360: sparatutto, sparatutto, sparatutto, DLC a prezzi più alti del gioco stesso. Inizia la conferenza di EA: tutto male, tranne per un dettaglio, il quale quasi mi convinse a staccare il salvavita dal mio impianto elettrico per infilare la lingua dentro a una delle varie prese di corrente presenti nella mia casa. A soli due anni di distanza dal capitolo precedente, venne presentato Battlefield 4, con la sola innovazione di avere un numero 4 dopo il titolo Battlefield e di essere uscito solo due anni dopo dal terzo quando quest’ultimo uscì ben sei anni (e dico SEI ANNI, SEI TANTISSIMI ANNI!) dopo il secondo capitolo. Spento il pc mi misi a riflettere: uno dei titoli da me più apprezzati stava diventando più commerciale del commercio stesso e ciò fu confermato dal fatto che la presentazione dei DLC fu più lunga della presentazione del gioco stesso..FANTASTICO!
Non avevo voglia di personificare per l’ennesima volta Master Chief
DEPRESSIONE POST-PUBBLICATUM
Chi ha letto i miei precedenti articoli qui su Project Nerd, saprà che il periodo compreso tra il 2007 e il 2014 non è stato piacevolmente accettato da me medesimo. Sparatutto a sfondo bellico, giochi di ruolo a sfondo bellico, open-world a sfondo bellico e presentazioni alle fiere a sfondo bellico mi hanno davvero nauseato. In tutti quei sette anni ci furono davvero poche chicche che mi fecero ricredere nel mondo videoludico, tuttavia non bastarono per farmi riprendere dagli annunci sopracitati, considerati, dalla mia mente i più eclatanti esempi di una industria ormai al collasso.
Sequel di sequel di sequel di spin-off: ecco cosa era diventato il mondo videoludico, un sequel infinito! Tittavia è vero: le aziende non creano videogiochi per beneficenza e se un marchio riesce a ottenere i favori del pubblico, è lecito riproporre lo stesso prodotto al prezzo più alto: alla fine è così che funziona il capitalismo. Non fui comunque l’unico a non accettare quei sette anni di maledizioni e sortilegi, molti, oltre a me, ricordano poco felicemente quel passato ormai scongiurato (o così sembra), e alcuni, ancora oggi, affermano di essere in ciò che io definisco “recessione culturale“.
Ma è davvero così? Io rispondo di no. Effettivamente la qualità dei prodotti ha avuto parabole piuttosto preoccupanti e se i giochi Tripla A sembravano proporre il massimo della mediocrità al massimo del prezzo, è anche vero che quella “mediocrità” risultava funzionale e divertente in passato. Io stesso, alla fine, ho passato molto più tempo nei server di Halo: Reach che in quelli di Halo 3, rispettivamente 890 ore per Halo 3 e 902 ore per Halo: Reach (dato aggiornato a Settembre 2014). Nonostante ciò, ho una considerazione pessima di Halo: Reach, nonché di molti altri titoli dello stesso periodo, sebbene li abbia giocati e stragiocati.
Ma perché tutto questo pessimismo? Io la chiamo “Depressione Post-Pubblicatum“, una fase penso naturale che conquista le menti dei più giovani quando gli stessi sono chiamati a cambiare fase di vita, passando dall’età adolescenziale a quella che viene spesso chiamata e definita..ADULTA! (mannaggia a chi a inventato gli adulti).
SOGNO DI TORNARE PICCOLO
In realtà non è vero: ho già accettato da tempo l’idea di invecchiare e diventare obsoleto e so già che un giorno vedrò coi miei occhi tanti “Sheppard” con al braccio Factotum dalla potenza inimmaginabile, ma come molti erroneamente pensano, quando si passa dall’età adolescenziale all’età adulta non si smette di videogiocare perché cessa di esistere in noi lo stimolo infantile di farlo, bensì perché cambiamo idee sul mondo. Cambiamo i nostri modi di fare, il nostro modo di porci con la realtà di tutti i giorni variando, di conseguenza, idee e interessi. In poche parole, nel caso del videoludo, non cessa di esistere lo stimolo di videogiocare in sè, bensì non riusciamo più a riconoscerci nei gusti adolescenziali e infantili che probabilmente hanno creato la nostra collezione di giochi. Per tale motivo, ci si ritrova a casa con un parco titoli immenso, ma composto da giochi che non ci interessano più. Ciò ci porta a pensare che non abbiamo più voglia di videogiocare, mentre in realtà, o almeno per me è stato così, non è vero che non abbiamo voglia di videogiocare, bensì non abbiamo più voglia di giocare a quei titoli che abbiamo già consumato in passato in un’ altra fase della nostra vita. E come una persona più matura a un certo punto della sua vita acquista una berlina vendendo la storica auto sportiva acquistata all’età di vent’anni, anche noi ci ritroviamo nella stessa condizione di dover lasciare tutto alle spalle e puntare su altri gusti funzionali alla nostra nuova vita, alla vita adulta: più matura, piena di responsabilità inutili e soprattutto con troppo poco tempo a disposizione per videogiocare.
Se da adolescenti, tornati da scuola, avevamo tutto un pomeriggio da dedicare al nostro passatempo preferito, dopo esser stati maturandi e laureandi ci ritroviamo a non avere un lasso di tempo così esteso da dedicare al videoludo, ed ecco che tutto cambia e tutto è da riformulare e da riorganizzare. Nel mio caso, ho scelto di dedicare almeno un’ora al giorno, alla sera, dopo il lavoro: relax totale, mondo disconnesso (e se ne ho l’occasione, parte l’afterone), e problemi assenti (almeno per un’ora).
Ma con un tempo a disposizione così limitato, la scelta del videogioco da inserire nel proprio sistema diventa assai più importante: non c’è tempo per giocare a titoli che ci annoiano o non ci soddisfano appieno, non c’è tempo per giochi multiplayer con server lenti e partite lunghe quanto l’intera Eneide.
Diciamocela tutta: da adolescenti si gioca di tutto, giochi che non ci piacciono, giochi troppo lunghi, giochi noiosi ma che vogliamo a tutti i costi portare a termine per una scommessa tra amici, giochi adatti alla quantità di tempo libero di uno studente medio, ma non soddisfacenti per il limitato quantitativo di tempo di un individuo adulto.
La soluzione è quindi una sola: SELEZIONE, selezione estrema.
NON E’ VERO CHE NON VOGLIO SEQUEL
All’inizio dell’articolo ho decisamente sottolineato quanto io odio i sequel, o meglio, quanto li odiassi. Nel 2012, infatti, vedere il trailer di Halo 4 sul grande schermo fu un vero schiaffo alla mia dignità di giocatore per i motivi citati a inizio articolo. Ciò è accaduto con tutti i sequel delle mie saghe commerciali preferite, come per esempio “Assassin’s Creed”, “Battlefield”, “Forza Motorsport” e via discorrendo. In quegli anni però, causa studi, avevo interi pomeriggi liberi, se non giornate. Per tale motivo, potevo concedermi la libertà di snobbare i sequel e bollarli come inutili e non indicati per la mia carriera di videogiocatore. Ma poi l’età adulta arrivò e cambiò tutte le carte in tavola.
Semplicemente mi accorsi che mi mancavano i pomeriggi passati ad Halo 3 e che ora che nessuno gioca ad Halo 3 e che soprattutto non ho più interi pomeriggi da dedicargli, capì che se volevo emulare l’esperienza positiva avuta nei server del terzo capitolo di Halo, dovevo scendere a compromessi, dovevo acquistare Halo 4. E così lo acquistai, lo giocai (sebbene avevo già giocato le prime missioni da un amico poco dopo il Day-One), e mi tuffai nel multiplayer riuscendo a godere di una esperienza appagante tanto quella di Halo 3. No: non sto dicendo che il quarto capitolo è migliore del terzo, sebbene alcuni la pensano in questo modo. Dico solo che Halo 4 mi ha aiutato ad emulare, nell’unica ora che riesco a dedicare ogni giorno ai videogiochi, l’esperienza avuta con Halo 3 quando ero più piccino.
Ciò mi portò davvero a riflettere sulla mia carriera di videogiocatore. Dovevo infatti cambiare qualcosa nella gestione dei miei titoli, capire che non ero più l’adolescente del passato e che non potevo più permettermi lussi inutili.
Sperimentai.
Decisi di vendere tutte le mie console e disinstallare tutti i miei giochi da Steam. Vendetti perciò Ps3 con corredo di Blu-ray e Xbox 360 con corredo di DVD e per due buone settimane non giocai assolutamente a nulla. Mi misi alla prova: l’obiettivo era comprendere di quale videogioco ne avessi più bisogno, quale mi mancasse di più. Di videogiochi ne ho giocati davvero tanti e ho apprezzato titoli che pochi conoscono e che pochi hanno compreso per la loro complessità artistica. Sono quindi un veterano: giocare le nuove uscite non è effettivamente una priorità, ma in quelle due settimane capii qualcosa di davvero importante: avevo già giocato tutto quello che mi interessava. E così, come una squadra di calcio che ha vinto tutte le coppe non ha più stimolo di vincerne di nuove, come un pilota che ha vinto sei campionati di fila e non ha più la volontà di vincerne altri, capii che il mio problema era di aver giocato così tanti titoli, così tanto diversi tra di loro, così tanto artisticamente appaganti da non aver più voglia di giocarne di nuovi per il semplice fatto che non avevo più stimolo nel farlo. Li avevo già giocati tutti, o almeno, tutti quelli che mi interessavano.
Pertanto precepii un richiamo. Sentii il bisogno delle mie saghe preferite, sentii il bisogno di giocarle e rigiocarle, esplorare nuovi scenari con loro, raggiungere nuove vette di eccellenza, intrattenermi con loro in tutta felicità. Avevo giocato tutto e pertanto sentivo il bisogno di ritornare alle mie origini, di sentirmi “come una volta“. E un po’ come accade dopo un lungo viaggio in giro per il mondo, una volta visto e visitato tutto, si decide di tornare a casa felici e sereni. E se Halo 4 non mi ha regalato un eroe da ricordare, mi ha donato l’intrattenimento che volevo io e se Assassin’s Creed Unity fosse l’ennesimo sequel di una serie infinita, fa nulla: amo visitare virtualmente la storia, amo vedere usi e costumi passati ricostruiti in un videogioco.
Non sto dicendo che d’ora in avanti giocherò solo sequel di sequel, bensì che mi concentrerò quasi esclusivamente sulle serie mie preferite, intrattenendomi con loro sapendo di aver già esplorato completamente tutto l’universo videoludico e di aver provato e sentito tutte le emozioni che tale industria ha potuto offrire. D’altronde la vita ti pone davanti a delle scelte: annoiarsi davanti a titoli che la critica esalta come “nuovi” o “innovativi” o ricordare in malomodo i “bei tempi andati” come un anziano pensionato. Quindi perché non divertirsi con i titoli preferiti, dimenticando la monotonia quotidiana e rivivendo, dentro di se, i pomeriggi d’estate passati assieme ai propri amici in attesa dell’inizio di un nuovo anno di scuola? Il tutto ovviamente in salsa adulta, il tutto con la consapevolezza di non voler altro che ricredersi nel mondo videoludico, nella speranza di riuscire, ancora una volta, ad apprezzare e amare nuove saghe non ancora uscite.
E chissà che un giorno, magari milionari, vedremo i nostri figli avere la stessa passione, fare gli stessi errori, prendere le stesse decisioni..
Chissà..
IN CONCLUSIONE
E’ vero, il mio articolo pare contraddittorio e forse non si è compreso il suo significato. In età adulta non ci si può concedere più il lusso di videogiocare tonnellate di videogiochi, pertanto, se si vuole ancora videogocare, bisogna selezionare. Secondo il mio pensiero, è inutile spendere del tempo davanti a titoli osanatti dalla critica, ma che effettivamente non ci restituiscono nulla. Pertanto, se siete come me, se avete davvero giocato a tantissimi videogames e avete esplorato l’intero mercato senza esservi lasciati nulla dietro le vostre spalle, penso che la scelta migliore sia quella di rivivere le stesse emozioni vissute nel nostro passato più tenero, nell’idea di intrattenerci davvero come noi vogliamo. Questo non vuol dire che non bisogna più cercare di misurarci con titoli nuovi, anzi: l’esatto opposto. Per apprezzare nuovi titoli dobbiamo accettare il cambiamento e il modo migliore per accettare il cambiamento, che sarà sempre interpretato come negativo ai nostri occhi di anziani rottami, bisogna essere felici e per essere felici bisogna, nel caso dei videogiochi, videogiocare con ciò che ci soddisfa davvero. E se un nostro amico ci dice che la saga è andata ormai a rotoli, ha ragione: la saga sta andando a rotoli. Ma se tale gioco riesce a soddisfare la nostra voglia di videogioco, allora la posizione dell’amico non può che rimanere una timida opinione di chi, effettivamente, possiede ancora il lusso di poter videogiocare per ore e ore nei pomeriggi assolati del nostro Bel Paese.
E’ stupido cercare qualcos’altro che ci piace se abbiamo già ciò che ci piace, è stupido cercare di farci piacere qualcosa solo perché molti ne parlano bene. E’ intelligente invece videogiocare a ciò che piace davvero e intanto, nella felicità, scoprire qualcosa di più su noi stessi che possa farci capire e scoprire che cosa vogliamo realmente, che cosa vogliamo aspettarci dal prossimo nostro acquisto.
Alla fine i Giapponesi lo hanno compreso molto prima di me: da quanti anni Final Fantasy continua ad andare avanti? Da quanti anni l’amico Mario è venduto in titoli simili tra loro? Se continuano a vendere, forse è perché chi li gioca non ha bisogno di altro se non vedere il proprio personaggio preferito e nuove interessanti location.
Si: dovremmo tutti imparare dalla filosofa giapponese.
effettivamente, ci servirebbe un bel Giardino Zen dietro casa