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Straitjacket – La recensione L’horror di El Torres e Guillermo Sanna, edito da Weird Book, ci porta al confine tra realtà e follia. Dove vivono i feeders

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Straitjacket è una grande metafora della follia, del confine sottile che separa l’irreale dal reale, l’imponderabile dal certo.

Cosa è reale e cosa no? Qual è la realtà? Da queste domande parte lo spunto narrativo per Straitjacket, horror in uscita questo mese per Weird Book firmato da El Torres e Guillermo Sanna. E la risposta, probabilmente, è che la realtà è quella che ognuno di noi sceglie di vivere.

Quella che la protagonista Alexandra Wagner ha scelto è una realtà popolata dai feeders, mostruose creature che vivono in quella che lei chiama “l’altra parte”, il mondo dei morti. E’ lì che ha mandato il fratello gemello Alex, brutalmente ucciso dalla sorella quando avevano 12 anni. Per Alexandra è stato un sacrificio necessario per poter combattere i feeders e proteggere il mondo dalle forze oscure, come due supereroi, una sulla Terra, l’altro nella dimensione abitata dalle creature. I due fratelli, tra l’altro, possono spostarsi liberamente da una dimensione all’altra.

Ovviamente i discorsi di Alexandra vengono subito bollati come i deliri di una schizofrenica e la ragazza, dopo l’omicidio del fratello, viene rinchiusa in un istituto. Ma lei non è pazza. Lei ha scelto di essere pazza. I feeders, infatti, si nutrono della sanità mentale delle persone. Per questo Alexandra ha scelto di essere (o fingersi?) folle e di sottoporsi alle cure a base di psicofarmaci, per sfuggire alle creature.

Dopo 15 anni la ragazza viene trasferita all’ospedale McLain, dove viene seguita dal dottor Thomas Hayes, psicoterapeuta costretto sulla sedie a rotelle dopo un incidente automobilistico. Un evento che ha lasciato al dottor Hayes, oltre al permanente danno fisico, un profondo trauma psicologico, un grande senso di colpa che il dottore cerca di sopprimere per preservare la propria stabilità. Una preda davvero ghiotta per i feeders

All’ospedale McLain va così in scena lo scontro tra i due fratelli e le creature mostruose, che Alexandra riconosce in alcuni inservienti e pazienti della struttura, aggrediti fisicamente dalla ragazza. Ancora i deliri di una pazza? Oppure, quella che vede e vive Alexandra, è davvero la realtà? E, se così fosse, saranno in grado i due gemelli di difendere il mondo dai feeders?

La trama ordita da El Torres per Straitjacket si dimostra davvero interessante. Attraverso la sua sceneggiatura lo scrittore ci porta al limite tra follia e realtà, creando una storia dai toni decisamente inquietanti con sfumature di body horror. Malgrado una paio di passaggi poco fluidi, il racconto appare ben strutturato: dopo la partenza forte con l’omicidio del gemello da parte di Alexandra, la sceneggiatura ci catapulta nella realtà della protagonista, prendendo il via dal trasferimento della ragazza all’ospedale McLain. Da qui inizia un crescendo di tensione che porta ad un vero e proprio colpo di scena finale.

I dialoghi accompagnano il racconto senza mai risultare eccessivamente verbosi. Inoltre, rendono bene le peculiarità psichiche e morali dei personaggi, dalla frenesia e aggressività di Alexandra ai tentativi di razionalizzare ogni cosa, compresi i propri traumi, del dottor Hayes.

I disegni di Guillermo Sanna rendono i deliri (o la realtà?) di Alexandra con i toni del bianco, del nero e del rosso, quest’ultimo usato per evidenziare le apparizioni dei feeders e le scene più cruente della storia. Il tratto scelto dall’autore può essere definito “nervoso”, quasi “schizofrenico”,  in perfetta sintonia con l’atmosfra del racconto. Alcune tavole, come potete vedere nella gallery, mostrano inoltre la varietà di scelte stilistiche messe in campo da Sanna, dall’utilizzo di sagome nere a ritratti estremamente realistici.

In conclusione Straitjacket, opera pubblicata in originale dalla casa editrice spagnola Amigo Comics, è sicuramente un horror ben realizzato, che piacerà di certo agli appasionati del genere.

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STRAITJACKET
  • TRAMA
  • DIALOGHI
  • DISEGNI
3.8

Roberto Iacopini

Classe 1984, insegnante, giornalista, sta ancora cercando di espandere il suo cosmo per raggiungere il settimo senso... ma si accontenterebbe del quinto e mezzo