Nella remota possibilità in cui mi fosse chiesto per quale strano motivo ho deciso di andare a vedere al cinema MINE, risponderei affermando che un film formato da una sola ipotetica scena di un uomo che calpesta per sbaglio (anche perché nessuno lo fa di proposito), una mina mi incuriosiva tantissimo. Come è possibile costruire il film su una unica azione? Chi potrebbe essere così malato di mente da voler creare un film incentrato su un uomo che non può muoversi perché messo sotto scacco da una mina?
Il turbine di domande che ha essenzialmente distrutto ogni mio pensiero nella mia testa si è sempre fatto più grande sino al momento della visione del film. Visione tra le altre cose non voluta poiché frutto di una coincidenza di tempi che ha dell’assurdo, perché sinceramente quel film, MINE, proprio non lo volevo guardare.
Ma a quanto pare il destino decise per me.
Fortunatamente.
FAMMI VEDERE QUELLO CHE NON GUARDI
Da grande appassionato di Videogiochi, ho ereditato una qual si voglia forma critica anche nei confronti delle produzioni cinematografiche. Questo perché i videogames si sono sempre più avvicinati all’idea cinematografica degli stessi e questo mi ha dato modo di ottenere gli strumenti per riconoscere un bel film da una produzione invece cattiva.
Detto sinceramente io adoro le cose creative. A me piace quando un produttore o un regista decidono di creare qualcosa apparentemente senza significato giocando proprio sulla cultura degli spettatori. Adoro quando un film mi mette nella condizione di dovermi scervellare per comprendere un passaggio il più delle volte incredibilmente affascinante . Non si tratta di impegnarsi a comprendere quello che accade a schermo, piuttosto di integrare ciò che si guarda con quello che è la vita di tutti i giorni incastonando le informazioni già in possesso con quello che il regista ha creato.
Nel caso di MINE questo si ripete per tutta la durata del film, un lungometraggio che essenzialmente pone al centro dell’attenzione quello che effettivamente portiamo dentro di noi quotidianamente, mostrandocelo sotto una inedita prospettiva. La sopravvivenza in questo caso è la parola chiave che si concretizza a tutti gli effetti in quello che succederebbe se il protagonista della vicenda levasse il suo piede innescando la mortale deflagrazione.
Ma quanto può valere una vita in diretto contatto con la morte? A quanto pare tanto perché come dicono spesso i filosofi, non c’è momento in cui si è più vivi che poco prima di morire (davvero lo hanno detto?). Ma come lo racconta il film? Semplicemente facendoci calare direttamente nel punto di vista del protagonista, guardando e osservando le sue costruzioni mentali, i suoi ricordi, le sue emozioni. Il tutto è sapientemente corredato dalla volontà di inscenare quasi un’opera teatrale più che qualcosa di direttamente cinematografico, con una azione minima e intelligente che va direttamente a scalfire la forza di volontà del protagonista, la quale tra le altre cose è direttamente proporzionale alle sue chance di sopravvivenza.
Si parla quindi di un film molto visivo, che utilizza le immagini per parlare piuttosto che i lunghi dialoghi all’americana e non mi meraviglio del fatto che il film sia stato girato da due registi italiani. Il cinema tradizionale italiano interpretato in questo caso da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, parla attraverso scorci di incredibile bellezza, con l’attore protagonista Armie Hammer che esegue movenze fluide in scene al limite del poetico-teatrale.
Detto sinceramente ho adorato osservare il mondo filtrato dagli occhi del protagonista e vedere la sua follia diventare sempre più grande e travolgente nutrita dalla paura di morire.
FAMMI SAPERE QUESTO
Vi è una scena in particolare che mi ha letteralmente aperto gli occhi su quella grande analogia che è MINE. E’ una scena molto semplice e poco determinante ai fini della trama. In poche parole, in uno dei tantissimi tentativi di liberarsi della maledetta mina, il protagonista decide di intraprendere alcune azioni che lo porteranno a combattere faccia a faccia con dei feroci canidi del deserto. La lotta è furibonda così come lo è in realtà l’intero film, ma il protagonista continua a lottare continuando imperterrito a sopravvivere nonostante, a conti fatti, sembra non avere significato combattere per un destino già segnato. Il combattimento in realtà si svolge in un modo così poetico che non ho potuto che cogliere quello che è la morale dell’interno film, o quanto meno la sua simbologia.
MINE è un titolo, è l’oggetto protagonista dell’intero film, è l’annientamento del protagonista. Tuttavia sono nella posizione di considerare la mina come un forte e deciso simbolo. Secondo me i due registi hanno deciso di dare alla mina un significato di “difficoltà”. La mina è quindi l’incarnazione di tutte le nostre difficoltà, di tutte le nostre lotte e soprattutto della nostra paura di vivere e quindi di morire. E’ spaventoso ritrovarsi in un mondo feroce da cui non poter scappare. E’ spaventoso sapere che un giorno lo dovremo lasciare dopo aver lottato con tutte le forze per rimanere in piedi. E allora quale significato può assumere la vita? I due registi Fabio & Fabio hanno deciso di rappresentare il quesito universale proprio con MINE e secondo me ci sono riusciti alla grande. Il film ruota attorno all’idea di sopravvivenza e di vita strettamente correlata alla morte, dando in qualche modo valore ai ricordi e alle emozioni, quasi come fossero la vera ragione della nostra esistenza. Nel caso di Mine siamo però portati a essere totalmente empatici con il protagonista dando maggior significato alle sue azioni.
Ma perché accade questo?
Fondamentalmente perché tutti noi sappiamo quanto è difficile vivere, quanto è difficile resistere alle avversità della vita, alle sue difficoltà. Proprio per questo riconosciamo e compatiamo chi cade nella nostra stessa condizione, capendo perfettamente il suo stato d’animo con una naturale dose di empatia che ci spinge a dare ancor più valore a una vita in procinto di estinguersi.
Tuttavia i due registi si pongono un’altra domanda: e se le avversità della vita non hanno significato? Se tutte le difficoltà che incontriamo non sono altro che nostre congetture e nostre idee distorte su quello che ci circonda, che cosa accadrebbe se ce ne accorgessimo? Cosa accadrebbe se sapessimo che ciò che chiamiamo “problema irrisolvibile” è in realtà una cosa da niente?
Il modo in cui MINE riesce a rispondere a queste domande è secondo me esemplare, con intuizioni simpatiche che portano inevitabilmente a considerare la propria vita in modo diverso e ad affrontare i propri problemi con una rinnovata filosofia.
Quindi, per la risposta del secolo, non dovrete far altro che godervi l’intero film.
IN THE CONCLUSION
Chi legge i miei articoli dedicati al videoludo sa che io non mi interesso mai alla controparte tecnica di una produzione, piuttosto su quello che il prodotto vuole trasmettere. MINE è una opera bella, pacifica e filosofica sebbene la sua natura sia ovviamente spiccia. Creare un film basato su un uomo che calpesta una mina sarebbe stata una sfida per chiunque, ma Fabio & Fabio hanno utilizzato tutta la loro creatività per creare un film che potesse addirittura insegnare qualcosa agli spettatori con una morale solida e positiva.
Certamente non è un film che può piacere a tutti, mentre le sue sfumature possono essere percepite solo dai più sensibili, ma mi sento di consigliare MINE a tutti coloro che cercano un lungometraggio intelligente e non banale.
Pertanto si: MINE è davvero un bel film.