Qualcuno salvi Smallville!

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Parafrasando la celeberrima sigla di Remy Zero introduciamo su ProjectNerd l’analisi di una delle saghe filmiche che più hanno permesso l’ingresso dei supereroi in televisione.

Tra gli sterminati campi di granturco, tra le fattorie, i sempliciotti, i mutati da meteorite e le sceneggiature banali eccola lì, è proprio la città di SMALLVILLE!


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Let your warm hands break right through it.

Nata nel primo anno del nuovo secolo e prodotta l’anno dopo (2001) la serie Smallville è il primo tentativo post-moderno di portare i supereroi DC Comics nel panorama televisivo dopo deviazioni fortunate ma demenziali (Lois & Clark – Le nuove avventure di Superman.1993).

Smallville è una fantomatica ed inventata cittadina del Kansas immersa nel verde e giallo dei campi coltivati dall’Americano medio nel quale il destino ha voluto che nascesse, crescesse e maturasse un giovanissimo Superman alias Clark Kent o ancor meglio Kal-El.
La cittadina al centro del telefilm è infatti l’assoluta protagonista del teen-drama in questione, perlomeno fino alla fine della settima stagione (la serie è composta da ben dieci stagioni per la cronaca) e vede ancor più centrale il ruolo di un giovanissimo ragazzo, trovato per caso vagante nei campi dopo un terribile e catastrofico evento da quelli che diventeranno poi i suoi genitori adottivi…ma andiamo con ordine.

Durante un evento di grande risonanza per la cittadina di Smallville si abbatte sulla popolazione una devastante pioggia di meteoriti che crea morte e distruzione, i coniugi Jonathan e Martha Kent sono nel loro veicolo quando qualcosa li investe rovesciando il furgone e facendogli rischiare la vita, arriva un aiuto provvidenziale ed inaspettato da un bimbo di un anno che senza parlare solleva con estrema naturalezza il furgone salvando la coppia.
Il piccolo sembra non avere famiglia ne ricordi così i due decidono di prenderlo con loro e chiamarlo Clark, il figlio che non hanno mai avuto ma che tanto desideravano.
Dieci anni dopo quel bimbo è cresciuto ed è un teenager pieno di problemi e altruista, vivi la sua vita tra gli amici Chloe e Pete, è segretamente innamorato della sua compagna di classe Lana e…nasconde al mondo di possedere una velocità super, una forza sovrumana e diverse altre abilità.

Smallville si può riassumere per diverse stagioni come un “Freak Of The Week” ovvero un serial dove ogni puntata ricalca bene o male la stessa sequenza: presentazione problema di Clark, presentazione mostro della settimana, corpo centrale della puntata, combattimento finale, finale alla “vollemmosebene”, Clark mantiene il segreto sui suoi poteri.
Prodotti come Buffy l’ammazzavampiri avevano creato e portato avanti questa formula con discreto successo in passato ma Smallville sembra soffrirne più di altri vuoi solo per il fatto che il giovane Clark ha davvero poco del futuro Superman e gli intrecci pseudo-amorosi e le avversità sono davvero ridicole.

Però Smallville ha stile, smuove gli animi e crea quel feeling con il protagonista ed i comprimari che permettono al serial di andare avanti tanto anche se tutti più o meno sanno il nome del personaggio che ha permesso al serial di tirare avanti così tanto: Alexander Joseph Luthor altrimenti detto LEX!

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I don’t care how you do it, just stay, stay.

Il personaggio interpretato da Michael Rosenbaum è la spinta emotiva e carismatica che serve a Smallville per superare l’astio iniziale del teen-drama elevando, anche se di poco, la qualità.
Lex Luthor che nei fumetti e nella mitologia DC è un supercriminale con tutti i crismi è qui rappresentato anch’esso giovane e alle prime armi, un pupillo dell’economia mondiale erede di un impero senza però quella dichiarata e sfacciata marcatura da villain.
A tutti gli effetti è un co-protagonista che si affianca a Clark nel salvare la situazione talvolta diventando “il fanciullo in pericolo” da salvare in determinate situazioni.
L’amicizia con Clark diventa più forte con il trascorrere degli episodi creando quel legame che sicuramente distruggerà la psiche di chi ha creduto fino all’ultimo che questi due personaggi avrebbero potuto unire le forze nel futuro della serie.
Al di là della facileria romantica di Clark per Lana, del segreto amore che Chloe prova per il suo amico alieno e della incrollabile fede dei genitori di Clark, il vero culmine della saga di Smallville (perlomeno fino a metà della serie) è proprio l’amicizia tra il ragazzo venuto da Krypton e Lex Luthor.
Insieme affrontano letteralmente di tutto arrivando a venir “posseduti” e schiavizzati da nemici solo per il fatto di essere legati da un forte legame.
Legame che si spezzerà come un grissino all’alba della quinta stagione dove lentamente il lato oscuro del personaggio affiorerà fino a diventare un vero e proprio villain che lascerà l’impronta anche dopo la sua uscita definitiva nella settima stagione.
Il suo ritorno alla fine della serie però consacrerà l’eterna rivalità tra la speranza del mondo ed il milionario di Metropolis, defintivamente.

Una serie di azioni e reazioni che si ritrovano praticamente in ogni relazione tra personaggi, importanti e non finendo con l’incasinare tutta la storyline a tal punto che solo la morte dei personaggi darà soluzione agli intrighi creati.
Persone che nella mitologia dell’uomo d’acciaio sono relativamente pacifici ed al loro posto (vedasi Martha Kent) diventano pane per gli intrecci della storyline di Smallville finendo addirittura a rivestire ruoli enormi contrapposti ai pilastri dell’universo DC.

Forse proprio per questa intricata matassa di parole (peraltro assai cretine, leggendo la sceneggiatura) Smallville nel nostro Paese perde progressivamente audience passando da “Serie più vista” a “Telefilm della domenica mattina”.


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C’mon, I’ve been waiting for you

Poco prima ho detto che il telefilm ha in se’ una cretineria molto elevata, nelle primissime stagioni la sceneggiatura è un colabrodo, i dialoghi sono di una piattezza che le tavole da surf ricercano da anni.
Tutto è davvero molto banalizzato, rapporti e intrecci compresi, ne va della maturità del prodotto e mentre il pubblico di appassionati cresce, Smallville non lo fa.
Ha un ritardo di diverse stagioni nel quale la cosa forse più odiosa è lo sviluppo del finale cliffhanger in relazione alla season premiere successiva.
Un tornado. Un’altra pioggia di meteoriti. Un esilio forzato nella Dimensione Fantasma. Un mostro che ha le stesse caratteristiche e potenze di Clark.
Tutti cliffhanger di stagione che vengono. SISTEMATICAMENTE. RISOLTI. NEL. GIRO. DI. UN. SOLO. EPISODIO.

Non c’è creatività nei testi ideati inizialmente da Miles Millar e Alfred Gough ma un voluttuoso tentativo di complicare le cose per poi risolverle dopo un solo episodio e credetemi, funziona così per ogni stagione (non forse per l’ultima ma è un altro discorso).

Il mondo intero si stufa velocemente di Smallville proprio per questa faciloneria, gli ascolti sono molto bassi ma permettono al team creativo di concedere almeno 3 stagioni finali con il rotto della cuffia presentando la parte più complessa e curata di tutto l’universo messo in piedi da Smallville.

Abbandonata la cittadina di campagna infatti si apre lo scenario di Metropolis e le sfide di Clark che è nel frattempo diventata “La Macchia” (un vigilante talmente veloce da risultare una macchia azzurra e rossa che guizza per le strade) sono diventate più ostiche e più complesse: si sono presentati a lui nel corso di stagioni e stagioni altri avversari e alleati tra tutti Oliver Queen che a Metropolis è Freccia Verde.
Lex ha lasciato il campo ad una intera organizzazione governativa chiamata CheckMate che raduna ed utilizza diversi supercriminali apparsi nella serie (la cosidetta Suicide Squad, forse qualcuno l’ha già sentita??) e altri potenziati fanno la loro apparizione.
Da nominare Doomsday che viene letteralmente stravolto (e non sia mai che si lasci qualcosa uguale), il maggiore Zod e come ultimo e più letale avversario Darkseid.
La serie non decolla mai veramente ma lascia deliziose chicche per gli appassionati e crea una storyline finalmente degna d’essere seguita, se non fosse che lo sceneggiatore nonostante sia cambiato, crei dialoghi se possibile ancor più banali delle prime stagioni.

Ma ci si accontenta. Perché nell’ultimo episodio vedere finalmente il tanto atteso costume originale vale gli sforzi, vale le mille parole inutili di Lana Lang, vale più di tutti gli alcolici scolati senza ritegno da Lex Luthor durante un discorso, vale più del vedere ridicolizzati Hawkman e l’intera Justice League. Si vale anche più del vedere Clark che fa il ragazzino a 34 anni suonati!!

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Il cast che negli anni si è intercorso è senza dubbio apprezzabile da cartonati di carne messi lì apposta per risaltare (Eric Johnson – il Quarterback Whitney Fordman, fidanzato di Lana) a vere e proprie leggende della televisione (John Glover alias Lionel Luthor ma anche John Schneider che qui è Jonathan Kent ma in passato era uno dei fratelli Duke di Hazzard) si è visto di tutto anche il commovente ultimo atto della vita di Christopher Reeves che dopo il terribile incidente a cavallo ha dismesso i panni di Superman finendo in una sedia a rotelle.
L’attore ha alcuni momenti nel serial che danno praticamente spazio all’eredità del kryptoniano, consacrando il giovane Tom Welling che non se la cava male se non fosse per la sceneggiatura che lo fa apparire un pupo di 4 anni ogni volta che apre bocca.
Assolutamente da dimenticare è Kristen Kreuk nei panni di Lana che dimostra qualche svolta emotiva nella sesta stagione (dopo quasi cinque anni di produzione) finendo con l’essere ricordata come la bambolina da salvare sempre in ogni circostanza, a scapito di chiunque siano essi donne, uomini e bambini.
I villain che dovrebbero reggere in qualche modo la serie sono tutti con Michael Rosenbaum ed il suo Lex, dimenticabili personaggi come Doomsday (che nella sua versione -spoiler- umana è interpretato da Sam Witwer) e Zod (nella sua versione colonnello ma come maggiore, interpretato da Callum Blue se la cava dai).
Invece un piccolo premio va dato a James Marsden che dopo essersi distrutto con l’intera Sunnydale in Buffy (massì dai era il vampiro, Spike) è entrato di diritto nell’olimpo delle mezze-star televisive portando avanti il suo personalissimo ma affascinante Braniac, metà buono metà cattivo tutto androide.
Degli altri interpreti personalmente non me ne ricordo quindi li sorvolerò tranquillamente, non funzionali allo show (eccezion fatta per Allison Mack alias Chloe Sullivan che diventerà sempre più importante, stagione dopo stagione).

Smallville è tutto così alla fine.
Ha dato tanto alla fantasia di tutti a costo di soprassedere a enormi difetti di produzione ma ci ha lasciato nuovamente la forza di credere in qualcosa ed in qualcuno.
E quando qualcuno guarda in alto ci sarà sempre l’uomo d’acciaio nei cieli. Sempre.

Poi è arrivato Zack Snyder e lì vabbeh siamo tornati puntoeacapo.

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The_Leunam

Infermiere di giorno (e di notte, e nelle feste, e nei weekend) e giustiziere blogger di notte. Si diletta nella scrittura di libri e fumetti con spruzzate di sceneggiatura.

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