E’ una questione politica. E’ sempre una questione di politica. L’azione di Activision non è di per sè qualcosa di negativo, anzi: l’idea di aiutare i veterani di guerra americani è una iniziativa nobile da perseguire e dal punto di vista americano anche giusta. Ma nel mio caso, giocatore che vivo all’esterno degli Stati Uniti d’America, in un paese che è vittima delle conseguenze belliche statunitensi, tale idea si trasforma da nobile a beffa.
Trovo ironico che un publisher americano che promuove la guerra americana celebrandola come la più “coinvolgente“, vada ad aiutare coloro che la guerra l’hanno vissuta sulla loro propria pelle. Sappiamo tutti che gli americani sono guerrafondai e sappiamo tutti che una multinazionale americana non fa mai qualcosa per pura beneficienza. Ma quello che a me ha dato fastidio nell’atto di Activision è la continua ostentazione al protezionismo della cultura bellica statunitense, cercando in qualche modo di giustificarla e tentando di aiutare a sanare quel grave problema formato da milioni di veterani di guerra abbandonati dalla propria nazione con l’aiuto di giocatori di tutti il mondo.
No: non lo posso sopportare.
The #MWRemastered Call of Duty Endowment Pack comes out in 2 DAYS 100% of @Activision proceeds go to helping our #vets! pic.twitter.com/xNiLWq1NmL
— Call Of Duty Endow. (@CODE4Vets) 14 febbraio 2017
Ho tutto contro i soldati americani. In Italia viviamo una condizione davvero difficile a causa delle politiche estere statunitensi, basti pensare agli attriti con la Russia o al grande flusso di migranti causato dai bombardamenti anche statunitensi nelle terre Siriane e Nord-Africane. Per quale diavolo di motivo io dovrei supportare una causa caritatevole di un paese che di carità proprio non ne fa? Con quale coraggio Activision chiede alle popolazioni di tutto il mondo di aiutare un esercito e soprattutto un governo che ha fatto della guerra la sua moneta globale?
Potreste osservare la mia posizione come una sorta di isterismo anti-americano e forse è probabilmente così. Ma sono solito trattare i videogiochi come prodotti artistici e per definizione espressione di una cultura e della sua politica. Forse non avrei avuto nulla in contrario se una società come Sony avesse intrapreso una iniziativa simile per operare nelle terre devastate da una guerra globalmente taciuta per fornire un supporto minimo alle popolazioni colpite. Ma in questo caso stiamo parlando di Activision, la stessa Activision che ha lucrato sulla celebrazione della guerra, che ha lucrato per convincere milioni di americani ad arruolarsi nell’esercito, che ha lucrato per conquistare un settore e propagandare la cultura bellica americana come la più vincente e imbattibile del mondo.
Trovo il tutto molto ipocrita e politicamente parlando anche scorretto. Non ho acquistato Call of Duty: Infinte Warfare e nemmeno quella specie di remastered inclusa nell’edizione deluxe. Tra le altre cose trovo anche vile creare contenuti scaricabili a pagamento per un gioco che doveva esser regalato considerando la qualità pessima degli ultimi Call of Duty. Tuttavia, se avessi posseduto l’ultimo gioco della serie, sicuramente non avrei mai comprato il DLC utile a finanziare progetti di riqualificazione dei veterani di guerra americani.
Hanno celebrato la guerra in tutte le sue orribili modalità? Ebbene: che si tengano i loro sporchi risultati.