Final Fight: recensione di un Mito

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Final Fight portò tre cose: un gameplay rinnovato, un comparti tecnico eccelso e interminabili file al cabinato

 

Una partitina a Final Fight è sempre piacevole. Uno dei giochi che ho gettonato di più in sala giochi e non sono riuscito a finire. E all’epoca finivo Metal Slug con quattro gettoni, a 12 anni.. Per fortuna che poi lo hanno portato su Super Nintendo e dieci anni dopo su Game Boy Advance e mi sono rifatto 😉

Cos’è stato Final Fight?

Final Fight rappresentò un momento di rivoluzione per i beat’em up a scorrimento, genere largamente diffuso nelle sale giochi e nei bar. Faceva parte di quei cabinati mai liberi, per i quali c’era sempre da fare la coda prima di poter giocare.

Sviluppato da Capcom nel 1989, si tratta di un picchiaduro a scorrimento, genere molto in voga negli anni ’90. Da allora sono usciti una marea di cloni di Final Fight che nonostante tutto continuava a riscuotere successo per l’alto livello di sfida offerto e per la varietà dei livelli giocati con una musica rocheggiante, ma non solo. La ciliegina sulla torta era un gameplay rinnovato nelle meccaniche di combattimento e mantenendo uno stile differente per ciascun lottatore.

Con ben tre personaggi a disposizione, ognuno con le proprie qualità, dovevamo farci strada tra centinaia di nemici fino alla fine del gioco, con un unico intento: liberare la figlia del sindaco Mike Haggar (personaggio giocabile) rapita dal Mad Gear, una banda criminale ben distribuita sull’isola. Dovremo farci strada tra centinaia di nemici di diversi tipi affrontando un livello di sfida alto e sempre crescente fin dal primo livello.

Il gameplay era straordinario, potevamo eseguire combo, prese, far volare un nemico contro un altro, distruggere barili, utilizzare armi quali tubi di piombo e pugnali etc. Avremo anche modo, attraverso i bonus stage, di distruggere un’auto nuova di zecca per poi vedere il proprietario piangersela. Tocco di classe (e di altissimo cinismo).

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Un genere scomparso

Il picchiaduro a scorrimento, purtroppo, è un genere ormai morto, ma non dimenticato. Come i jrpg, anche i beat’em up sono entrati a far parte di “generi di nicchia”, giocati quasi esclusivamente dagli appassionati cresciuti con Double Dragon, Final Fight, Vendetta e tanti altri piccoli, instancabili capolavori che, nonostante il peso degli anni e il cambio generazionale di utenza, non moriranno mai, vivendo nei cuori dei rispettivi giocatori.

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Daniel Mars

Tanti anni sui videogiochi lo hanno convinto che non esiste niente di più importante del GAMEPLAY quando si parla di Gaming. Nonostante illustri capolavori moderni come Fallout 3 o il primo Dead Space, resta ancorato al passato con giochi come Earthworm Jim, Killer Istinct e Megaman X. E' anche fissato con gli X-Men, Donnie Darko e il Monopoly.