Steven è un cardiologo: ha una bellissima moglie, Anna, e due figli, Kim e Bob. All’insaputa di costoro, tuttavia, si incontra frequentemente con un ragazzo di nome Martin, come se tra i due ci fosse un legame, di natura ignota a chiunque altro. Quando Bob comincia a presentare degli strani sintomi psicosomatici, la verità su Steven e Martin sale a galla
Yorgos Lanthimos colpisce ancora, dopo aver sorpreso e diviso con The Lobster ( candidato agli Oscar ) torna a colpire gli spettatori con The killing of a Sacred Deer.
Chi conosce il regista greco sa che parlare dei suoi film non è una cosa semplice, è un uomo che rifugge i generi classici plasmandone di nuovi e più fluidi con il suo solito approccio gelido all’umanità che si rivela non adatto a tutti gli spettatori.
Una sorta di revenge movie dalle tinte sovrannaturali, dove l’altolocata e asettica famiglia del protagonista finirà per essere il bersaglio della vendetta di un ragazzo disturbato ,il cui padre si scopre essere un suo paziente, deceduto sul tavolo operatorio.
Una vendetta che si consumerà con modalità misteriose, quasi fosse una sorta di maledizione che il giovane scaglia sulla famiglia di colui che gli ha negato un padre e che poi, ha pure rifiutato di diventare egli stesso suo padre, sfuggendo all’interesse sessuale della madre.
Occhio per occhio, una vita per una vita, ecco la punizione a cui Steven verrà sottoposto, l’immagine dell’uccisione del cervo sacro che da il nome alla pellicola e resa vivida e reale dal finale della pellicola,
Colpisce duro Lanthimos, è ormai il suo marchio di fabbrica, costruisce un impalcatura misteriosa e piena di scomparti dove nascondere i suoi messaggi per lo spettatore, poi si diverte malignamente a seppellirci sotto di essa e ci guarda mentre cerchiamo risposte alle sue domande, consapevoli di non essere riusciti sicuramente a cogliere tutto quello che il greco aveva nella testa.
The killing of a Sacred Deer può vantare un comparto fotografico sublime, grazie al lavoro di Thimios Bakatakis ogni scena è curata in maniera maniacale e totalmente fredda; come se non volesse che la telecamera influenzasse in qualsiasi modo il flusso emotivo dello spettatore. Una metodologia talmente particolare che qualcuno ha rivisto dentro le sue riprese riferimenti al cinema più classico di maestri come Polanski, Friedkin e Kubrick.
Parlando di Kubrick non possiamo non pensare a Eyes Wide Shut e al modo in cui Nicole Kidman si muove sul set, la sua nonchalance nel mostrarsi nuda, immobile, offrendosi al marito come un corpo in anestesia totale, una prestazione maiuscola per lei.
Non è da meno anche il resto del cast, con Colin Farrell nuovamente nelle mani di Lanthimos dopo The Lobster e l’espressione disturbante del giovane Martin, interpretato da Barry Keoghan ( Dunkirk ).
The killing of a Sacred Deer e un film crudo,gelido, forse al limite del brutale, che dimostra ancora una volta come Yorgos Lanthimos sia uno dei registi più particolari in circolazione. Anche se la visione dei suoi film potrebbe lasciare gli spettatori confusi non posso che consigliarla, potreste rimanere sorpresi.