Hashima

Hashima: l’isola della nave da guerra giapponese Uno tra i luoghi abbandonati più affascinanti del Giappone

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Avete mai sentito parlare di questa isola fantasma?
Hashima è chiamata anche con il nome di Gunkanjima, che significa letteralmente “ nave da guerra “.
Come mai questo strano soprannome?
L’sola in questione, in breve tempo, fu modificata rispetto alla sua originale conformazione, dando così l’idea, di somigliare a una grossa corazzata e non ha un’isola naturale.
Questo perché l’isola, originariamente disabitata, come le altre 504 isole della prefettura di Nagasaki, è stata modificata, allargata, edificata e urbanizzata dagli ex abitanti.
Hashima Island

Hashima fu colonizzata nel 1887 dai giapponesi, questo per l’ingente miniera di carbone presente fin sotto al livello del mare ( informazione nota dal 1810 ).
Nel 1890 fu l’azienda Mitsubishi a comprare interamente l’isola per scopi industriali.
Infatti, di li a breve, molti lavoratori giunsero sull’isola pronti lavorare alla miniera.
Visto l’intensivo sfruttamento del giacimento, la Mitsubishi iniziò il progetto di urbanizzazione dell’isola costruendo le prime abitazioni per i minatori dell’isola.

Negli anni a seguire, il notevole incremento demografico costrinse i funzionari a ampliare l’isola ulteriormente, ad appianare addirittura il piccolo rilievo montuoso al centro di Hashima, per costruire una risposta a tutti i bisogni dei lavoratori.
Un’ospedale, una scuola, oltre 25 negozi, bar, cinema, palestra e ulteriori abitazioni, questa volta organizzate su più piani.
L’organizzazione all’interno dell’isola era più che mai rigida e gerarchica, smistando le abitazioni in base all’essere soli oppure accompagnati da famiglia, avere lavoro all’interno dell’ospedale e infine le residenze migliori andavano ai funzionari della Mitsubishi.
Durante la seconda guerra mondiale, l’isola venne presa di mira e bombardata dopo essere stata scambiata per una corazzata nemica da parte degli stati uniti.
Sempre durante il secondo conflitto mondiale, i minatori giapponesi, richiamati al fronte per combattere, furono sostituiti da prigionieri coreani e cinesi.
Alla fine degli anni ’50, la piccola isola, di solo 150 metri per 480, fine per ospitare oltre 5000 abitanti, diventando così una delle zone più densamente popolate al mondo.
Essa dipendeva unicamente dai rifornimenti inviati dalla terra ferma, spesso impossibilitati a partire a causa delle forti burrasche che sferzano la zona circostante 160 giorni l‘anno.
Sull’isola non vi erano alberi o vegetazione maggiore, niente parchi, pochi fiori, per questo molti bambini sono cresciuti senza il privilegio del verde.

« Hashima era un luogo privo di cespugli, di fiori e i bambini crescevano senza conoscere che cosa fossero i ciliegi in fiore. Anche le stagioni erano percepite diversamente, si riconoscevano l’una dall’altra soltanto da come soffiava il vento o dal colore del mare. »
-Hideo Kaji, ex abitante

Il 15 gennaio del 1974, però la miniera chiuse definitivamente i battenti con una cerimonia aziendale, in quanto la richiesta del carbone diminuì.
In pochi mesi Hashima tornò disabitata.
Nessuna opera di ristrutturazione è stata eseguita sull’isola che quindi è rimasta abbandonata esattamente com’era in principio, seppur ora la natura si stia riprendendo ciò che era in origine suo.
Hashima

L’isola rimase chiusa al pubblico per anni, fino al 2005, dove ad alcuni giornalisti fu consentito l’accesso.
Nel 2009, dopo un permesso speciale dato al regista Thomas Nordanstad, per la preparazione di un documentario dedicato, divenne accessibile anche a piccoli gruppi di turisti per visite guidate.
Visto che l’isola è stata lasciata esattamente com’era un tempo, molti degli edifici sono instabili e pericolanti, per cui il tour consentito è molto breve e ristretto.
Nel 2015 Hashima è divenuta uno dei ventitré siti storici industriali inseriti tra i patrimoni dell’umanità dall’UNESCO.

Hashima Island in Japan [2560x1600]

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Francesca Bandini

Totalmente avvolta nella sua bolla fatta di letteratura (principalmente fantasy, urban fantasy e distopico), ballo, recitazione, post produzione, cinematografia e fotografia. Cosplayer dal 2008. Dedita al violino come il celebre Sherlock Holmes, innamorata della chitarra come Jimi Hendrix (senza darle fuoco). Entra nel mondo del K-Pop senza passare dal via e fra i suoi gruppi preferiti del genere svettano Super Junior e AOA. Tanti anni prima sposa il genere J-Rock, dove i GazettE resteranno sempre sovrani nella sua playlist.