Il signore delle formiche

Il signore delle formiche, la recensione Il nuovo film di Gianni Amelio è stato presentato in Concorso alla 79ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia

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Il signore delle formiche, di Gianni Amelio, presentato in anteprima alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia parla del primo processo per plagio svolto in Italia avvenuto negli anni ’60 contro Aldo Braibanti. Uno scrittore che ha caratterizzato la storia giuridica e la cultura nostrane riguardo la tematica dell’omosessualità. Braibanti è interpretato da Luigi Lo Cascio, invece, Elio Germano è il giornalista dell’Unità incaricato di seguire il processo. Insieme a lui Graziella (Sara Serraiocco), attivista politica che manifesta per un cambiamento culturale.

La storia dello scrittore e studioso della vita sociale delle formiche parte quando incontra Ettore (Leonardo Maltese), uno studente universitario. Tra i due nasce una relazione, prima di natura culturale, poi, di natura personale. Questo sciocca la famiglia di Ettore e lo denuncia per plagio. Nel frattempo, il ragazzo viene chiuso in un ospedale psichiatrico, dove subisce elettroshock. Trattamento usato per eliminare l’omosessualità dalle persone, almeno così si credeva in quel periodo.

Il signore delle formiche è uscito l’8 settembre con 01 Distribution

Gianni Amelio s’impegna nel ricostruire quel periodo, ma esagera. La sceneggiatura contiene dialoghi finti e irrealistici. Va bene riportare frasi di poesie e romanzi. Ma non si può parlare nella vita di tutti i giorni con un linguaggio aulico. Un altro problema è la fotografia: un giallo ocra esagerato che allontana lo spettatore dal film, invece, di coinvolgerlo nella storia. I costumi anni ’60 sono appena accennati e anche i luoghi non rispecchiano totalmente quell’epoca.

Un’altra grande debolezza è la recitazione degli attori: piatta, senza emozioni, atonale, noiosa. I tempi dilatati, poi, aggravano il risultato finale. L’unico attore che recita meglio è Elio Germano, il solo elemento positivo della pellicola. Questa storia, così significativa per l’Italia, interessante e appassionante, andava raccontata in un altro modo. Il film doveva invitare i ragazzi a vederla al cinema. E, invece, narrata così, non ha fatto altro che allontanarli.

 

Renata Candioto

Diplomata in sceneggiatura alla Roma Film Academy (ex Nuct) di Cinecittà a Roma, amo il cinema e il teatro. Mi piace definirmi scrittrice, forse perché adoro la letteratura e scrivo da quando sono ragazzina. Sono curiosa del mondo che mi circonda e mi lascio guidare dalle mie emozioni. La mia filosofia è "La vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita".