Io adoro Gotham. E come qualunque sentimento che possa definirsi tale, questo amore non è razionale, non segue alcuna logica e lungi dall’essere ponderato su parametri oggettivi di valutazione. Esso è istintivo, irrazionale, a tratti inspiegabile.
Ma cosa innesca in me questa irresistibile attrazione? Sarà l’atmosfera della cupa metropoli (abilmente trapiantata dai film di Burton), o forse quel miasma di pazzia che serpeggia per le vie di Gotham che sembra possa investire chiunque, anche il più sano ed equilibrato degli individui, da un momento all’altro. Non lo so. D’altronde la serie non è esente da difetti, sia chiaro, ma c’è da dire che ha saputo bilanciare accuratamente tutti gli ingredienti: grottesco sì, ma sempre entro nei limiti dell’accettabile; pacchiano nella caratterizzazione dei personaggi, anche, ma sempre con un velo di plausibilità; forzato in alcuni punti? Certo, ma sempre meno di tante altre rinomate serie.
E poi, forse, contrariamente a gran parte dei prodotti televisivi odierni, Gotham è come il vino, più va avanti e più sembra migliorare, infatti è quasi controverso notare come questa seconda stagione sia stata, tutto sommato, superiore alla prima.
Tutto sommato perché la serie è stata divisa dagli stessi creatori in due tronconi: “Rise of the villains” e “Wrafth of the villains”, con la prima parte entusiasmante e ben costruita ed una seconda che, invece, si è aggrappata faticosamente alla stentata sufficienza.
RISE OF THE VILLAINS
La prima parte ci ha fatto veramente divertire tra villain ormai maturi (Nygma su tutti) e l’ascesa di un sempre più creepy Theo Galavan (che poi si rivelerà come il Conte Dumas) nelle cariche istituzionali di Gotham. Una prima parte assolutamente lineare dove gli sceneggiatori ben sapevano dove volevano andare a parare incastrando i molteplici personaggi dell’universo DC in maniera sapiente e funzionale. E non era un lavoro facile, perché la stessa forza di Gotham è anche la sua più grande debolezza: il numero importante di personaggi/attori che ambiscono ad una dignità narrativa.
Di sicuro poi, in questa prima parte, la qualità degli attori ha aiutato molto, penso a Cameron Monaghan, alias Jerome(che si pensava fosse il Joker, ma non datevi per vinti..) o allo stesso Conte Dumas che ha convinto di puntata in puntata. Nota di merito per Erin Richards, alias Barbara Kean, esempio perfetto di come sia l’attore a dare spessore al personaggio e non il contrario.
“WRAFTH OF THE VILLAINS”
Poi, ahimè, da febbraio ad oggi, la serie ha preso una piega sempre meno brillante, che poi è il problema fisiologico di quasi tutte le serie che si protraggono per 20-22 puntate (mi sa che farò una petizione per obbligare i produttori seriali ad ordinare un massimo di 13 episodi). Insomma, archiviata la pratica Theo Galavan, la sorella Tabitha (Tigress nei fumetti) è rimasta lì a fare da geisha ad un Butch dignitario – poco credibile – dell’attività criminale della città. Perché? Per quanto adori l’attrice e il suo sex appeal non posso non arrovellarmi sulla sua utilità ai fini della trama.
Poi cosa accade: ah si, Nygma dopo aver terminato la sua evoluzione criminale (ben scritta nell’arco delle due stagioni, soprattutto nella prima parte della seconda) viene rinchiuso ad Arkham; Pinguino da one man show diventa un personaggio superfluo, e per questo, parcheggiato per diverse puntate nella casa del suo ritrovato padre e coinvolto nel main plot ad uso e consumo delle esigenze narrative.
Theo Galavan viene messo da parte per poi rinascere sotto forma di un anacronistico e quasi macchiettistico Azrael, millenario e immortale guerriero.
Senza dimenticare Mr.Freeze, che esteticamente fa rimpiangere – e ce ne vuole – la versione cinematografica di Schwarzenegger, e, a parte ricordare un Gabry Ponte albino, si fatica a comprendere il motivo delle sue continue incursioni e altrettante ritirate.
MA…
Ma non è tutto da buttare, anzì, in questa seconda parte abbiamo ammirato anche la scrittura perfetta di Bruce Wayne, quanto mai immedesimato nel ruolo, dove finalmente non vediamo più quell’imberbe studentello problematico e colmo di rancore – quasi molesto nella prima stagione – ma uno stratega calcolatore quanto mai determinato nello scoprire i segreti della Wayne Enterprises e la verità dietro la morte dei suoi genitori. Insomma, il fanciullo ha cacciato le palle e gli sceneggiatori iniziano a cucirgli addosso quella che sarà, in divenire, la personalità dell’uomo pipistrello.
Ma soprattutto, in questa seconda parte di stagione, troviamo il personaggio che più ho adorato: Hugo Strange. Il machiavellico psichiatra, più Mr.Hyde che Dottor Jekill, che fa del progresso scientifico la sua ragione di vita, è un uomo senza scrupoli ma tremendamente lucido nella sua insania. Affiancato dalla pedissequa e corpulenta seguace Miss.Peabody
, dirige il manicomio di Arkham che – ufficialmente – rieduca i pazienti psicologicamente labili, (Pinguino rilasciato dopo qualche mese è un’altra bruttura di sceneggiatura) ma che nei sotterranei di Indian Hill, effettua i più amorali esperimenti su morti, vivi e moribondi!
Chi l’ha visto in lingua originale potrà confermare che la voce del dottore ha un qualcosa di magnetico, e, il personaggio, pur essendo tutt’altro che un gigante, ha un’autorità ed una fermezza quasi commovente.
Se il finale della prima stagione era stato in crescendo, qui la scalata emozionale è artefatta, forzata e tirata per i capelli, ma – meglio sempre ribadirlo – comunque sufficiente nella sua resa.
Certo, non c’è stato alcun sussulto (Fish Mooney?), forse parecchio fumo ma poco arrosto, e il finale melodrammatico con la trasformazione di Jim Gordon – formidabile nell’ultima puntata – da freddo e inossidabile uomo tutto d’un pezzo ad un uomo eroso dall’amore e i sensi di colpa, è stato quanto meno stucchevole. Ancor più grave se si pensa che ha lasciato Gotham in una situazione di crisi con i “mostri” di Indian Hill a piede libero dopo le vicende verificatesi nella season finale.
Ah SPOILER: si sono intravisti diversi nuovi villain che vedremo nella prossima stagione, ma ho quasi esultato davanti al al pc quando è apparso un omone nerboruto e villoso munito di respiratore.. insomma, BANE!
In sintesi, è stata una stagione altalenante, tra trovate geniali e scelte a dir poco improvvisate, speriamo che la terza stagione prenda esempio dalla prima parte di questa e non si perda nell’infinità dell’universo fumettistico da cui attinge ma si concentri – e approfondisca – i villain che meritano davvero.