Quando il nostro gentile lettore con nickname Aram ci ha chiesto di giocare Pixel Privateers per verificare se le sue positive opinioni riguardo al piccolo titolo fossero vere, non risposi subito con entusiasmo. La pagina Steam parla chiaro: Pixel Privateers è una produzione indipendente creata in pixel-art come tante altre produzioni indipendenti che escono ogni giorno. Sono centinaia i nuovi titoli che approdano su Steam e la maggior parte possiedono un gusto retrò il più delle volte dettato dalla mancanza di budget. Dico la verità: la pixel-art è davvero bellissima, ma a distanza di oltre 22 anni dal suo ufficiale abbandono, di questi tempi faccio fatica a prediligerla rispetto a grandi titoli in tre dimensioni come Mass Effect: Andromeda o Horizon: Zero Dawn.
Tuttavia non lascio mai cadere le richieste di voi gentili lettori e così ho acquistato e giocato Pixel Privateers.
E lo dico subito: Aram aveva ragione nel pensare che fosse un bel gioco.

SCONTRO DI EPOCHE
Il titolo di Quadro Delta (così si chiamano gli sviluppatori) è in realtà riuscito a trovare un piccolo publisher che ha deciso di investire sul piccolo team finnico composto da sole sette persone. Alla fine stiamo parlando di Re-Logic, anch’esso studio indipendente che ha deciso di utilizzare i proventi di Terraria per finanziare Pixel Privateers e penso non ci abbiano messo molto per capire che il videogioco finlandese aveva davvero del potenziale.
In soldoni, Pixel Privateers è un videogioco ad ambientazione fantascientifica ove siamo chiamati a personificare dei “pirati spaziali” ingaggiati da strane compagnie interessate alla ricerca scientifica più spudorata la quale, per essere perseguita, ha bisogno di risorse. Tutto incomincia quando viene rivelato che le preziose risorse possono essere trovate su un numero enorme di pianeti raggiungibili da un comodo Wormhole, il quale successivamente si rivela essere instabile. Una volta superato il ponte di Einstein-Rosen, ci si ritrova in una situazione ostile per cui si è impossibilitati di far ritorno alla posizione originaria. Tuttavia i pirati non si danno per vinti e iniziano a razziare risorse da tutti i pianeti che incontrano per riuscire a “riparare” il Wormhole e allo stesso tempo far felice la compagnia con cui, a quanto pare, hanno stipulato una sorta di contratto.
Il piccolo accenno di trama di Pixel Privateers, letteralmente “corsari di Pixel”, vuole sottolineare come la storia, in questo gioco, non debba minimamente essere considerata. La natura del titolo è infatti simile ai dungeon crawler che ultimamente si sono fatti sentire a gran voce, unita con la spasmodica ricerca all’armamento migliore tipica di Diablo e all’esplorazione interplanetaria di No Man’s Sky. Quello che ne consegue è un gioco dannatamente moderno, a tratti fresco e soprattutto capace di tenerti incollato allo schermo per un numero infinito di ore alla ricerca di nuove risorse e nuovi armamenti da utilizzare, nonché nuovi potenziamenti per la propria nave.

VOGLIO CONQUISTARE LA TERRA
Nonostante la grafica in due dimensioni, Pixel Privateers non è affatto banale o “vecchio stampo”. Anzi. Quadro Delta è secondo me riuscita a creare un ottimo cult capace di mixare la bellezza di giochi come Borderlands, Diablo e Mass Effects in un singolo gioco. Ci si ritrova quindi a cercare risorse rare come in un Diablo, a sparare battute e a divertirsi spensieratamente come in un Borderlands e a gestire una serie di personaggi con coscienza e intelligenza propria in un contesto fantascientifico ben ricreato come in Mass Effect. Da quest’ultimo si eredita anche la possibilità di gestire la propria nave, potendola ingrandire o addirittura vendere per acquistarne una più capiente e prestante. Lo spazio sa infatti essere un posto molto pericoloso e a tal proposito non sono basse le probabilità di essere abbordati da navicelle spaziali nemiche.
Per riuscire a scamparla bisogna raccogliere risorse, catalogate in “materia” (utilizzata per creare oggetti), Carburante (utile ovviamente per gli spostamenti), e una valuta in-game espressa ovviamente in dollari (gli americani sono sempre di mezzo). L’aspetto più particolare è la possibilità di clonare oggetti e persone per aumentare il proprio esercito e moltiplicare gli armamenti migliori, ovviamente a caro prezzo. Questo, oltre alla possibilità di sbloccare armamenti e potenziare i propri pirati con un sistema a livelli piuttosto canonico, risulta utile per l’esplorazione interplanetaria poiché, a conti fatti, non si sà mai che cosa saremo portati a fronteggiare.

I pianeti così come i nemici sono generati casualmente e quindi proceduralmente, garantendo una varietà senza pari e situazioni mai uguali tra loro. Ovviamente questo vuol dire che ogni avventura sarà molto diversa da giocatore a giocatore, potendo osservare gli effetti dei diversi universi proposti ai vari giocatori sugli NPC utilizzati durante le sessioni cooperative (Pixel Privateers supporta il multiplayer online). Può capitare infatti che un giocatore si sia ritrovato in un universo parecchio ostile con nemici con armi potentissime, chi invece si è magari ritrovato a fronteggiare unicorni rosa volanti dle tutto innocui. E’ affascinante osservare come la diversità degli universi (nonché delle armi), vada poi a modificare l’equipaggiamento di ogni giocatore, rendendo di conseguenza le sessioni multiplayer in cooperativa più varie e interessanti.

MODERNITA’ DA TUTTI I PORI
La Pixel Art non è mai da sottovalutare. Sotto il suo velo anacronistico si nascondono spesso meccaniche di gameplay modernissime e spesso anche irrealizzabili con un motore grafico in tre dimensioni data la loro complessità. In Pixel Privateers non vi è nulla di estremamente complesso a livello di meccanica, ma il tutto si dimostra incredibilmente moderno. L’HUD, per esempio, mi è sembrata ispirata ai giochi Blizzard, in particolare a Starcraft 2 nell’edizione Legacy of the Void. I menù sono freschi e originali e offrono informazioni in quantità. Belli i dialoghi e la possibilità di interagire con tutti coloro con cui si ha la possibilità di approcciarsi in modo pacifico, mentre ho trovato incredibile la fluidità del gameplay restituita da una gestione delle statistiche sintetica e funzionale, un po’ come accade nei moderni RPG. Quello che ne esce è un gioco fresco e gradevole, supportato da uno stile artistico ispirato e mai banale. I background dei vari pianeti nonché la sapiente gestione dei colori migliorano il feeling con la produzione di Quadro Delta, mentre ho ben gradito la caratterizzazione di armi e armature, ben distinguibili nel loro semplice design sin dal primo sguardo. Bella la gestione dell’inventario, sebbene a tratti sia un poco caotica, mentre la gestione della nave è sempre risultata un aspetto fondamentale e ben proposto. In poche parole non è un contentino.

IN THE CONCLUSION
Pixel Privateers è un “Loot’em up”, un classico gioco da “ancora un livello e poi smetto” che ti porta a giocare per ore e ore senza mai stancarti. E’ un prodotto che intrattiene, molto ben definito nelle sue meccaniche e moderno nei suoi contenuti.La sua formula si può rivelare facilmente una droga, ma non fatevi ingannare dalla sua veste grafica in Pixel Art: sarà l’ultima cosa che osserverete. Questo perché Pixel Privateers è pieno di cose da fare, statistiche “riassunte” da avere sempre sotto controllo e una quantità inimmaginabile di pianeti e armi da trovare e utilizzare. Le sue meccaniche di gameplay (che volutamente non ho descritto nella recensione per accentuare l’effetto sorpresa), funzionano alla grande per via della loro semplicità di comprensione, risultando tuttavia non banali da gestire.
In generale, per quindici euro, l’acquisto è davvero consigliato.
In breve
Pixel Privateers è una vera chicca a prezzo discount. E’ un prodotto ben fatto, completo di tutto e soprattutto divertente. Sa intrattenere con un gameplay intuitivo e allo stesso tempo pieno zeppo di statistiche da analizzare e interpretare, per un mix di generi videoludici che finisce per diventare una vera droga quotidiana. Al prezzo di 15 euro è davvero un affare.