Bisogna attendere ancora qualche settimana per poter vedere al cinema in Italia Ocean’s 8, lo spin-off della famosa trilogia firmata da Steven Soderbergh. La versione “rosa” della banda di ladri più stilosi e patinati degli ultimi anni, infatti, arriverà solo il 26 luglio, mentre negli USA e in altri paesi (tra cui la Francia, dove l’abbiamo visto per voi) è già sul grande schermo dal mese di giugno.
Il film, scritto e diretto da Gary Ross (The Hunger Games), ha riscosso un ottimo successo di pubblico fino ad ora, dimostrando una volta per tutte che anche i film con sole donne possono fare buoni incassi. E che quella che sembrava essere una scommessa persa in partenza – riuscire ad eguagliare le gesta di un cast di star del calibro di George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon, Andy Garcia – poteva invece quantomeno essere giocata.
Come? Prima di tutto, contrapponendo un agguerrito manipolo di donne di tutto rispetto e al top della forma, sia fisica sia interpretativa: Sandra Bullock, Cate Blanchett, Helena Bonham Carter, Anne Hathaway, Rihanna – per citare solo le più celebri tra loro – fanno faville e hanno una presenza scenica che da sola regge il peso di tutto il film.

Quindi, cucendo loro addosso una versione women-oriented della classica trama dei casper movie – termine tecnico indicante le pellicole basate sulla storia della preparazione e realizzazione di un colpo, presentate spesso con una certa dose di humour. Nel caso di Ocean’s 8, tutto ciò si traduce in una trasposizione al femminile quasi letterale degli elementi tipici di un furto al maschile: al bieco denaro, oggetto del colpo, si sostituiscono i “migliori amici delle donne”, i diamanti di Marilyn Monroe-niana memoria; al tempio del gioco e dell’immaginario virile, il casinò, si sostituisce il tempio della moda, sogno del gentil sesso, il gala del MET, la festa più esclusiva dove ogni it-girl o presunta tale deve imperativamente partecipare.
Sono talmente tante e tali le somiglianze tra la storia di Danny Ocean e quella di sua sorella Debbie (Sandra Bullock) che più che fratelli paiono gemelli separati alla nascita: anche lei, come lui, ha ideato il piano mentre scontava la sua pena in prigione; anche lei, come lui, scrive una lista delle cose da fare per portare a termine il colpo; anche lei, come lui, ha un ex che le ha voltato le spalle e che è in qualche modo coinvolto nel furto. Ma lei, a differenza di lui, non si fa intenerire e rimane implacabile, come solo le donne ferite sanno essere.
Anche il resto del gruppo è una sorta di specchio delle versioni precedenti: nel ruolo dell’amico dell’ideatore del colpo, negli Ocean’s originali interpretato dal biondo e affascinante Brad Pitt, c’è l’altrettanto bionda e affascinante Cate Blanchett (Lou); dove là c’era un giovane taccheggiatore (Matt Damon) qua c’è una giovane taccheggiatrice (Awkwafina, una rapper newyorkese la cui interpretazione è una delle sorprese del film); al posto dell’ansiogeno esperto di elettronica e antifurti, c’è la – questa volta all’opposto – serafica e impassibile Nine Ball (Rihanna).
Ocean’s 8: Glamour + Humour, la formula vincente
Buona parte del fascino degli Ocean’s – e della versione 8 in particolare – risiede nel taglio scelto dal montaggio, così simile a quello veloce dei videoclip; nello sfarzo delle ambientazioni, così lussuose e “alto profilo” da lasciare quasi unanimemente a bocca aperta; in quell’attitudine alla strizzatina d’occhio allo spettatore, che ci fa in automatico essere senza riserve dalla parte dei ladri, del cui charme cadiamo un po’ tutti vittime inesorabili.
Ocean’s 8 porta il discorso ad un livello ulteriore, stregandoci letteralmente grazie all’eleganza delle movenze delle protagoniste, al loro procedere sicuro, alla loro fiducia in se stesse. E ai loro cambi d’abiti, di cui rimane spettacolare la tuta di paillettes verde smeraldo di Cate Blanchett, che ha presumibilmente causato lo svenimento per iperventilazione di una serie di fashion-blogger o aspiranti tali presenti in sala. Parimenti mitica la classe con cui Sandra Bullock riesce a rifarsi guardaroba, rifornirsi il beutycase di prodotti di extra-lusso, procurarsi una camera nel miglior hotel della città senza spendere un soldo e giusto cinque minuti dopo essere uscita di prigione.

In quanto a glamour, gli amanti dell’articolo rischiano letteralmente un’overdose quando si entra nel Metropolitan agghindato per il Gala e inizia a sfilare in abiti da favola la quintessenza del jet-set, presente ad interpretare se stesso: da Zac Posen a Heidi Klum a Serena Williams, Hailey Baldwin, le prezzemoline Kilie Jenner, Kendall Jenner e Kim Kardashian, le top-model Adriana Lima e Gigi Hadid, Katie Holmes, seduta al tavolo di Anne Hathaway, al cui collo ci sono i diamanti da rubare, e infine Sua Maestà Ann Wintour, perché l’elenco sia completo.
Un sorprendente e particolarmente propizio talento comico rivela proprio la Hathaway, che si produce in una neanche troppo velata parodia di se stessa e risulta infinitamente più simpatica di quanto (non) sia di solito. Svariati sono gli ammiccamenti, non solo suoi, al pubblico: dal citare Danny, la cui morte viene ventilata ma in modo che non ci creda nessuno, prima di tutti la sua stessa sorella, al farlo vedere in foto (col bel faccione di George che scatena il sospiro libero in sala), alle presentazioni stesse di ognuno dei membri della “gang” – tra cui la mamma-contrabbandiera, interpretata da Sarah Paulson, o l’esperta di gioielli (Mindy Kaling) che vuole fuggire il più lontano possibile dalla sua invadente e asfissiante madre. O, per citare solo alcuni dei momenti topici, il discorso motivazionale fatto dalla Bullock, che solennemente afferma:
“Da qualche parte là fuori c’è una bambina di 8 anni che sogna di diventare una criminale. Stiamo facendo questo per lei!”
[Somewhere out there there’s an 8-year-old girl dreaming of becoming a criminal. You’re doing this for her].
Per non parlare della Bonham Carter, che ci regala uno dei suoi fantastici ritratti di personaggi particolari, come solo Johnny Depp sapeva fare, prima di rovinarsi completamente con alcol e crisi di mezz’età.

In quest’orgia di battute taglienti, attrici clamorosamente in gamba, vestiti meravigliosi e scenografie sublimi, si rimane talmente storditi da non notare se non en passant che anche il regista deve aver subito lo stesso genere di stordimento ed essersi perso nei particolari. Perché, a ben guardare, il colpo organizzato da Debbie ha talmente tanti dettagli del tutto incoerenti che, pur nell’inverosimiglianza tipica di questo genere di film, non possono non stridere.
Per citarne solo uno, anche per non spoilerare per il pubblico italiano: si sottolinea con un certo clamore la presenza di un magnete che dovrebbe complicare notevolmente il furto della collana di diamanti e poi, al momento del furto, ci si dimentica completamente del particolare e si fa affermare agli agenti dell’assicurazione che “probabilmente le è semplicemente scivolata”. Ma, appunto, non è il solo, né il più eclatante.
Tanto da far sospettare che il vero punto debole in questo film di sole donne sia la presenza al comando, in regia, di un uomo. Che in questo caso forse non è stato all’altezza del potenziale che gli era stato affidato.
Bilancio finale di Ocean’s 8
Gli heist-movie per definizione non sono film da prendere eccessivamente sul serio. Certo, c’è heist-movie e heist-movie, e Ocean’s 8 probabilmente non avrebbe le carte in regola per inserirsi negli annali del genere. Rimane senza alcun dubbio un film estremamente piacevole da guardare, in cui la bravura delle attrici compensa ampiamente le lacune a livello di trama e in cui, nonostante ci sia parecchio di scontato, le strizzatine d’occhio al pubblico vanno a buon segno. E il pubblico ricambia, contento di essere passato.
Piccola curiosità: Matt Damon (altra strizzatina d’occhio ai fan della serie) ha girato una piccola parte, riprendendo il suo ruolo originario di Linus Caldwell, come nei precedenti Ocean’s, ma alla fine le scene sono stata tagliate e non sono presenti nella versione uscita nelle sale. Peccato.
-
Trama
-
Scenografia
-
Fotografia
-
Colonna Sonora
-
Recitazione

