Sulle tracce di “Neon Genesis Evangelion” in “Nadia – The Secret of Blue Water” La prima fruttuosa collaborazione tra Anno e Gainax ha gettato le basi per la creazione di NGE

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 “The year is 1889”, questo l’incipit di ognuno dei ben 39 episodi (ad eccezione degli ultimi, ambientati nel 1890 e 1902) della serie anime Nadia – The Secret of Blue Water (Fushigi no Umi no Nadia, “Nadia of the Mysterious Seas”) edito in Italia come Nadia – Il Mistero della Pietra Azzurra

Il giovane Hideaki Anno, alla prima esperienza registica, porta a compimento la serie steampunk nel 1990 ispirandosi liberamente ai romanzi di Jules Verne (evidente il richiamo a Ventimila Leghe sotto i Mari) e trae spunto da un soggetto originale di Hayao Miyazaki. Ad occuparsi della produzione è invece lo studio Gainax. Il successo è praticamente immediato, tale da convincere Anno e Gainax a collaborare ancora per dare vita a quella che si rivelerà la pietra miliare nonché capolavoro dell’animazione giapponese: Neon Genesis Evangelion (1995).

Come molti adulti, ex-divoratori di cartoni pomeridiani negli anni ’90, seguivo con occhio poco consapevole lo scorrere degli episodi della serie (ovviamente censurati e riadattati) trasmessi sulle reti Fininvest a partire dal 1991. Dopo molti anni, ho deciso di guardare Nadia in modo critico, cercando spunti tematici, tracce, piste da seguire, ispirazioni e assonanze con NGE. Il tutto senza mai (ahimè) riuscire a mettere completamente da parte il debole nutrito sin dalla tenera età verso il personaggio di Samson, il duro dal cuore tenero del trio Grandis.

Come suggerito dallo stesso titolo, protagonista è Nadia, un’acrobata di quattordici anni, orfana e dalle origini sconosciute. Accompagnata dall’inseparabile amico, una tigre bianca di nome King, la ragazza conosce il coetaneo Jean Rocque Raltique per caso nel 1889 a Parigi, proprio durante la nota Esposizione Universale. Jean stava prendendo parte all’evento insieme allo zio, inventore e punto di riferimento familiare, dato che anch’egli è orfano.

Mentre Jean si innamora a prima vista di Nadia, quest’ultima fatica a fidarsi ed è tendenzialmente diffidente verso il prossimo. Tuttavia, quando comprende le buone intenzioni di Jean, materializzatesi in azioni concrete con cui cerca di salvarla dal trio Grandis che le dà inizialmente la caccia, Nadia accetta la sua amicizia e in seguito realizza di corrispondere i sentimenti del ragazzo.

Ciò che ‘minaccia’ l’esistenza di Nadia e la costringe a nascondersi è nella sua stessa ricchezza, non tanto materiale, quanto spirituale. La preziosissima e potentissima pietra azzurra che porta al collo è ambita da molti, ma per la ragazza il più grande valore è spirituale: quando si preannunciano situazioni di pericolo, la pietra si illumina di rosso, mettendola in guardia. Inoltre, la pietra è l’unica proprietà che ha ereditato dalla famiglia. Sarà grazie ad essa che Nadia riuscirà a scoprire le sue vere origini. Il tutto, comunque, potendo contare sempre sull’aiuto di Jean e delle invenzioni con le quali i due raggiungeranno la terra natìa della protagonista (che si scoprirà essere Tartasso) facendosi strada nel mondo ‘degli adulti’.

La realtà di Jean e Nadia è vista dagli occhi di due ragazzini di quattordici anni tenaci, naturalmente tesi alla ricerca di una figura genitoriale. Gli zii che avevano preso a carico Jean sembrano distanti e troppo presi dalle loro occupazioni borghesi nell’era della prima industrializzazione europea tardo ottocentesca.

Le avventure di Nadia e Jean trovano spazio lontanto da questo mondo grigio e dai ritmi febbrili, si svolgono invece in luoghi paradisiaci, immersi in una natura a volte spaventosa, più spesso provvidenziale e dai colori sgargianti. Si tratta di un fantastico ed eterno contrasto, quello tra natura e meccanica, quest’ultima inevitabilmente riconducibile alle fantastiche creazioni di Jean e Hanson, appassionati di ingegneria, oppure al sottomarino Nautilus (poi Neo-Nautilus) capitanato da Nemo e dal primo ufficiale Electra, i quali prenderanno sotto la propria ala Jean, Nadia, Marie (bambina rimasta orfana e adottata dai protagonisti) e lo stesso trio Grandis.

Nadia sogna di tornare in Africa, luogo in cui ritiene di essere nata, ma il viaggio intrapreso ha una destinazione più profonda e deducibile man mano che si prosegue con la visione e con la maturazione dei personaggi. Un viaggio introspettivo, quasi come quello dei Children in Neon Genesis Evangelion, di fatto quattordicenni e orfani (di madre) come Jean e Nadia. Il tormento esistenziale di Shinji è tangibile lungo tutta la serie (e film), ma nel complesso tutti i piloti degli Eva sono decisamente costretti a maturare incredibilmente in fretta, avendo sulle proprie spalle il destino dell’umanità.

Materna, determinata e segnata da un amore perduto: una descrizione che si sposa benissimo sia con il personaggio di Misato Katsuragi di NGE che con quello di Grandis Granva in Nadia: entrambe assumono una posizione protettiva verso i giovani protagonisti. Allo stesso modo Electra, ligia al dovere e devota verso il capitano del Nautilus, sembrerebbe rivivere nel personaggio di Ritsuko Akagi, scienziata a comando della NERV.

Un padre che vive nel dolore della perdita di una figlia, di sovente costretto a scelte difficili che compie assumendo in prima persona il comando non solo metaforicamente, ma di fatto in un sommergibile creato per sconfiggere Gargoyle, il villain che intende prendere possesso della pietra azzurra al fine di soggiogare il genere umano. Come menzionato, al timone del Nautilus c’è proprio Nemo, apparentemente burbero e tenebroso, in realtà pronto a sacrificare la sua stessa vita. Insomma, niente a che vedere con Gendo Ikari, misantropo, insofferente verso il mondo e verso il suo stesso figlio Shinji, soprattutto in seguito alla morte della moglie (e madre di Shinji) Yui.

Come Shinji, Nadia ripudia ogni forma di violenza, sia verso uomini che animali (è infatti vegetariana) e soffre nel vedere la “normalizzazione” del crimine, o meglio la sua accettazione passiva da parte degli ‘adulti’. “Perché proprio io?” è un quesito che sia Nadia che Shinji si pongono spesso: la prima quando cerca di sbarazzarsi della pietra avendo realizzato il suo essere causa di sofferenza e morte, il secondo quando evita ripetutamente di pilotare l’EVA01, per la stessa ragione di Nadia. Nessuno dei due può sottrarsi al proprio destino, ma entrambi troveranno negli emblemi di cui cercano disperatamente di sbarazzarsi, l’indole della propria madre. Essi riusciranno a padroneggiare il potere di questi emblemi solo una volta cioè giunti alla comprensione di se stessi e una volta pronti ad amare (“heart speaking”).

Sicuramente, la psiche dei personaggi di Nadia risulta di gran lunga meno approfondita rispetto a quella dei personaggi di NGE. La struttura degli episodi (per lo più autoconclusivi) tende nella maggior parte dei casi a seguire uno schema di calma iniziale, conflitto e immediata risoluzione o lieto fine al termine dell’episodio: insomma, il tono è decisamente più leggero (talvolta persino caricaturale), ma non mancano scorci più profondi in cui i personaggi espongono le loro sofferenze (tutti hanno subito la perdita di una persona cara).

Non mancano i riferimenti biblici ed esoterici, frequenti anche ad Evangelion: ad esempio è presente una Torre di Babele attraverso la cui luce Gargoyle vuole “spazzare via la Terra come accaduto a Sodoma e Gomorra”, Red Noah, Lucifer, unitamente all’onnipresenza della raffigurazione dell’occhio (simbolo del mondo di Gargoyle e logo evidente soprattutto sui garfish di combattimento e le divise), il prisma azzurro che i fan di Evangelion associano a Ramiel (quinto angelo della serie) e Adam (senza fare spoiler, prototipo pseudo ‘umano’ menzionato sia nell’uno che nell’altro progetto di Anno).

Come lo spettatore comprenderà meglio negli ultimissimi episodi della serie il senso stesso del progetto è racchiuso, a mio avviso, in una sola frase pronunciata dal capitano Nemo: “Nadia, whatever will happen, LIVE!”. Si tratta di un invito a vivere ogni momento con intensità, formulato dai i membri di quel ‘grown-up world’ spesso poco compreso da Nadia e rivolto alle nuove generazioni in nome del ciclo della vita. Non a caso, Anno conclude Nadia – The Secret of Blue Water con immagini di procreazione e rinnovamento.

Seguono dei collage di frame tratti dagli anime, i quali evidenziano le molteplici analogie tra i due progetti di Hideaki Anno