Bisogna Narrare Una Bella Storia Il Resto Non Conta.

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Non so se si tratti di una mancanza di tempo o la stanchezza di fine giornata che mi porta a giocare titoli più lenti e razionali, oppure quel senso di deja vu che sempre con maggior insistenza sale da profondo e mi attanaglia quando mi capita tra le mani un videogame tripla A.

Mi trovo sempre con maggior frequenza ad apprezzare quel genere di titoli idolatrati da tutti ma evitati da buona parte dei videogiocatori, distanti dalle logiche di mercato e dalle sparatorie multiplayer frenetiche.

Sto parlando delle avventure grafiche.
No! Non sono un veterano del campo, ma in questo periodo è il genere che prediligo. Magari per la trama; posta come il punto cardine dell’intera esperienza e non solo una scusante per massacrare tutto quello che ci circonda, o forse perché il ritmo essendo estremamente lento è capace di rendermi più semplice la ricerca del dettaglio.

Nonostante sia sempre rimasto affascinato dal vecchio schema punta e clicca, in particolar modo applicato a quel capolavoro di storytelling che risponde al nome di To the Moon.  Titolo che dimostra con forza che per quanto il budget possa essere misero basta avere delle buone idee per ritagliarsi un piccolo spazio tra i grandi.

 

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Ho sempre per una questione di prospettiva e gusti personali preferito la visuale in prima persona, le avventure grafiche con questa caratteristica sono definite anche walking simulator.
Il termine è stato coniato un una certa dose di sarcasmo, ma questo genere di giochi sta sempre maggiormente entrando nel cuore di tutti quei videogiocatori le cui prerogative fondamentali ed irrinunciabili quando giocano sono trama e atmosfera.

La narrativa, uno degli aspetti più interessanti dell’industria.
Il videogioco come media puramente narrativo al pari di un libro, cosa succede quando si sacrifica il gamplay.

Questi giochi non possiedono un elaborato albero delle abilità, non si hanno armi, e non vi sono barre della vita o del mana, è già tanto avere un pulsante apposito con cui interagire con l’ambiente.

 

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Per alcuni i seguenti titoli non sono nemmeno definibili videogiochi, ma esperienze che richiedono continuamente una grande apertura mentale per mettere in discussione cosa un videogioco deve o può essere.

Chi però sarà in grado di capire i ritmi molto lenti dell’intera esperienza, lo aspettano ore che nessun altro videogame costruito in maniera tradizionale sarà in grado di dare.

Ho sempre creduto che ogni videogioco se vuole davvero eccellere in qualcosa debba lasciare stare alcune meccaniche consolidate negli anni e date per non sacrificabili, in questi casi persino il gamplay; è un dato di fatto non si può accontentare tutti se si vuole eccellere in un ambito specifico.

Se il tuo scopo ultimo è quello di riuscire a costruire un bel viaggio, bisognerà liberarsi di alcuni stereotipi tipici del media di appartenenza che hai scelto.

Salvo The Stanley Parable che fa del sarcasmo e una tematica fuori di testa semplicemente geniale le sue armi vincenti, molti di questi titoli non sono divertenti da giocare, anzi una costante è la cripticità di una trama spesso complicata e non intuitiva nel suo modo differente di essere narrata, e la poca accessibilità generale.

 

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Solo quando si riesce ad approcciarli con la mentalità giusta, ogni pezzo del puzzle andrà al suo posto e il viaggio del protagonista in queste ambientazioni splendidamente dettagliate diverrà totalizzante e accompagnati dai lunghi monologhi (una costante in questo genere di giochi) riuscirete voi stessi a percepire il senso di vuoto che attraversa l’isola di dear Esther o l’alone di mistero che pervade i boschi della Red Creek Valley in The Vanishing of Ethan Carter, o le vere ragioni per cui The Beginner’s Guide è stato sviluppato.

Non mi stancherò mai di consigliare questi non-giochi, risultato della fusione tra il genere letterario e quello videoludico, ma se per voi è imperativa la presenza di una cosa chiamata gamplay e non vi sentite pronti a camminare virtualmente anche per 5 ore di fila risolvendo sporadicamente qualche puzzle o ascoltando musiche e tante linee di testo, non vergognatevi, semplicemente non è il genere che fa per voi.

Chi invece possiederà la pazienza di capire cosa un videogioco può fare oltre al puro e mero intrattenimento, benvenuti! Vi aspetta un viaggio composto da alti e bassi, fatto di musiche ed emozioni che guardandosi indietro è molto difficile che ci si penta di aver iniziato.

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