Quando Django Unchained uscì al cinema, il pubblico andò in visibilio. Il film con Leonardo DiCaprio conferì il secondo Oscar alla Sceneggiatura a Quentin Tarantino, che giunto a quel momento della carriera sembrava poter compiere alcuni dei piccoli grandi miracoli da sempre desiderati dai fan. Ancora oggi infatti ci si chiede se il suo ultimo film sarà Kill Bill Vol. 3, ma le speranze sembrano ormai svanite. Vinto l’Oscar, Tarantino fece qualcosa di inusuale: produsse immediatamente un altro western, che lo mandò addirittura in depressione in fase di lavorazione. The Hateful Eight, appunto l’ottavo film di Quentin, sembrò voler chiudere un capitolo di storia americana iniziato con le gesta di Django.
Se lo si guarda da un punto di vista criptico, The Hateful Eight – gli otto pieni d’odio – sembrano l’allegoria della filmografia di Tarantino. Ogni membro del cast principale sembra infatti inserito nella trama in rappresentanza di uno dei film precedenti, come a voler rendere l’opera omnia del regista, oramai ufficialmente considerata collegata, un insieme di caratteri che in realtà si vogliono scannare a vicenda. Un’intenzione forse implicita del regista, come se volesse comunicare al pubblico la vera natura del suo cinema: “avete visto tutti i miei film, ognuno di loro qui presente e costretto a convivere con gli altri in uno spazio angusto. Vi siete anche divertiti con la mia violenza, ma la realtà è che i miei racconti altro non sono che pura atrocità.”
The Hateful Eight è a tutti gli effetti una storia che disturba gli spettatori, abituati ad un certo dinamismo da parte di Tarantino, perché collocata in un’unica location claustrofobica, contro gli elementi più sterili della natura quali la neve e il gelo e come se non bastasse con la più lunga durata di tutta la filmografia tarantiniana, ma sopratutto è una storia senza l’ingrediente segreto della sua ultraviolenza: il senso dell’umorismo. Quando esso viene espresso dai personaggi non ha nulla a che vedere coi lunghi dialoghi di Pulp Fiction o gli sproloqui di Hans Landa, The Hateful Eight è un film che perfino nei suoi momenti più leggeri prelude sempre allo spargimento di sangue scatenato appunto con l’odio profondo per il vicino.
Nulla di The Hateful Eight presagisce ad un cambio di ritmo o ad un ribaltamento di sorti grazie ad escamotage sullo stile di Bastardi Senza Gloria, dove anche la defezione di Landa ci ha fatto gonfiare di risate nere. In questo capolavoro del western, perché nonostante la difficile digeribilità, The Hateful Eight lo è a pieno titolo, ogni cambio di ritmo o aumento di tensione concerne sempre e comunque l’applicazione della bestialità umana, istintiva o macchinata, che sia l’abuso sessuale, l’autodifesa o l’avvelenamento. Si sta attaccati uno contro l’altro, mescolando le etnie, le ideologie e gli scrupoli, fino ad arrivare ad un altro elemento della narrativa tarantiniana, uno stallo alla messicana che ricorda ancora quale sia la poetica di Tarantino: “non ci sono buoni nei miei film.”
“Quando arrivi all’inferno John, digli che ti manda Daisy.”
Registicamente parlando le intenzioni di Tarantino vengono espresse con un magistrale piano sequenza d’apertura, dove il crane esegue un movimento di dosata lentezza mostrando la diligenza che trasporta alcuni degli otto passare sotto ad un crocifisso piantano in mezzo al nulla, coperto di neve, con un Cristo che sembra quasi patire il gelo. The Hateful Eight è chiaro sin da subito: durerà a lungo, avrà sviluppi lenti, guarderà ogni cosa dalla perfetta angolazione e sopratutto non avrà pietà per niente e per nessuno, nemmeno per Gesù Cristo.
I tocchi da maestro che confezionano l’opera definitiva sulla violenza secondo Quentin Tarantino sono senza dubbio la sua regia, che fa a pezzi la trama mantenendo un ritmo ricco di dettagli che presto o tardi scopriamo esserci persi, la fotografia diretta da Robert Richardson, nominato all’Oscar proprio per The Hateful Eight e la colonna sonora originale di Ennio Morricone vincitrice dell’Academy Award, altra performance che, anche nel caso del compositore italiano, rappresenta la sua opera omnia, dove possiamo risentire i toni più cupi de Gli Intoccabili e quelli più selvaggi del cinema leoniano. The Hateful Eight è da oggi disponibile su Netflix, vi auguriamo una sapiente degustazione di questo capolavoro del western, volutamente privo dell’umorismo tarantiniano.
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