Sono passati tantissimi anni da quando Massimo Troisi intonava quel piccolo pezzo di Yesterday ad Amanda Sandrelli in Non ci resta che piangere, ma quell’idea di “Plagio temporale” che prima o poi abbiamo avuto un po’ tutti pensando a un possibile viaggio nel tempo è ancora viva, al punto di diventa il cuore del film Yesterday di Danny Boyle.
La storia di Yesterday infatti è molto semplice, Jack Malick è un artista squattrinato e dopo incidente si risveglia in un universo dove i suoi idoli – i Beatles – non sono mai esistiti e può quindi dare lui per primo la voce alle loro splendide canzoni, ovviamente con l’intento di diventare la rockstar che non è mai riuscito ad essere prima. Una situazione che, è inutile negarlo, sfrutteremmo anche noi se ne fossimo in grado (anche solo per capacità di suonare le loro canzoni oltre che per la situazione paradossale)
Tutta questa interessante premessa però si spegne velocemente riducendo l’intero film ad una banalissima e per nulla originale commedia romantica, sprecando o appiattendo larga parte delle potenzialità della situazione. Tutto questo però passa in secondo piano se consideriamo la presenza del fattore Beatles, questa è la vera punta di diamante che Danny Boyle ha a disposizione in Yesterday, un catalogo di canzoni uniche e la bravura di farle arrivare allo spettatore, toccando le location storiche della band ( come la tomba di Eleonor Rigby) e giocando con le citazioni ad album e canzoni, rendendolo di fatto un vero must-see per ogni fan del gruppo.
Se la storia d’amore fra Jack e la sua migliore amica\manager è un peso che tiene il film ancorato al suolo, quello che per i Beatles è la chiave per farlo volare alto, la somma delle due porta Yesterday ad essere un buon film.