Continua la scalata al successo de La Terra Buona, il film di cui Viola Sartoretto è una dei principali protagonisti. Il film, autoprodotto grazie al crowfunding, è già diventato un caso. Fortemente voluto dal regista Emanuele Caruso (che ne è anche produttore e co-sceneggiatore), ha esordito il 1° marzo con alcune proiezioni in diverse città piemontesi per poi esplodere a Torino, dove ha registrato per 2 settimane il tutto esaurito.
Il risultato al botteghino è davvero strabiliante: pur se piccola realtà indipendente, La Terra Buona ha superato i 40 mila biglietti venduti, tenendo testa alle grandi produzioni cinematografiche del momento.
Dopo Torino, sarà a Milano all’Anteo dal 19 al 24 aprile.
In occasione della proiezione milanese, abbiamo incontrato, per farle qualche domanda, Viola Sartoretto, attrice torinese con alle spalle una miniserie tv con la regia di Pupi Avati, altre fortunate serie televisive per Mediaset e, al cinema, il ruolo da protagonista in Al Massimo Ribasso (2017) di Riccardo Iacopino.
Viola nel film interpreta Gea, una ragazza gravemente malata che, in compagnia del suo amico di sempre, si rivolge ad un misterioso ospite di padre Sergio, il monaco benedettino rifugiatosi in una vecchia baita di montagna da oltre 40 anni.

“La terra buona” ha stabilito il “record italiano di pubblico per sala delle ultime settimane”, a quanto afferma Repubblica: Viola, ti aspettavi un simile risultato?
«Assolutamente no, solitamente un film così piccolo e auto distribuito è destinato a morire in una sala in pochi giorni, purtroppo. Devo dire che Emanuele [Caruso N.d.R.] ha fatto un lavoro pazzesco, è in grado di smuovere le masse come nessun altro».
“La terra buona” ha anche all’attivo un altro record, si tratta di un film prodotto in crowfunding, con la più grande raccolta di quote mai realizzata in Italia. Hai fatto parte del progetto fin dall’inizio o sei stata coinvolta solo in un secondo tempo, per recitare il tuo ruolo?
«Sono stata coinvolta in un secondo tempo. Io ed Emanuele non ci conoscevamo, ho partecipato ai provini e sono entrata a far parte di questo progetto entusiasmante. Emanuele mi ha stupito da subito. Un uomo tenace che non molla mai, che ama il pubblico come pochi e che nel suo piccolo pur di non rinunciare ai suoi sogni si è inventato un nuovo modo di fare cinema».
In precedenza, nella tua carriera, hai preso parte a produzioni televisive, hai lavorato in set con registi di prestigio come Pupi Avati, in lavori teatrali: posto che ogni esperienza è a se stante, quali sono le differenze nel prendere parte ad un progetto dall’aria così singolare come “La terra buona”?
«Io ho amato ogni momento di questo set, pagherei per rifare altre mille esperienze così. Sono stata su set molto belli, mi ritengo molto fortunata, ma La terra buona è stata un’esperienza a 360 gradi, un’esperienza di vita importante. I film così li fai solo se ci credi fortemente. Pochi soldi, poco tempo, pochi mezzi, nessuna distribuzione, tutti eravamo lì perché ci credevamo. E poi non c’è niente di più bello per un attore che vivere, dormire, mangiare, nello stesso luogo in cui lavori».

Infatti ho letto che per 2 mesi siete stati ospitati dagli abitanti della zona, e avete vissuto tutti insieme nelle loro case: cosa ti è rimasto di questa situazione così insolita, immagino, per un set?
«È stata un’esperienza stupenda, sembra un sogno ormai lontano, un bellissimo sogno. Gli abitanti del paese ci hanno donato le loro case, e per due mesi siamo diventati noi gli effettivi abitanti del paese. Ricordo grandi risate, balli sui prati, tornei di ping-pong infiniti, tanti momenti di pace e di riflessione e un cielo pazzesco. La cosa che mi manca di più? Il tramonto sui laghi che ogni sera mi godevo in silenzio».
Conoscevi già la storia del padre benedettino Sergio de Piccoli, cui il film si ispira?
Non conoscevo la storia di Padre Sergio, così come non conoscevo la Val Grande [dove è stato girato il film]. Mi vergogno un po’ ad ammetterlo, da piemontese quale sono, ma prima de La terra buona non ero mai stata in questa valle meravigliosa. Uno dei posti più belli che io abbia mai visto. Ecco perché amo questo mestiere, è una continua scoperta».
Puoi parlarci del tuo personaggio, Gea? Anche lei è ispirata da una storia vera, giusto?
«Gea è ispirata ad una storia vera sì, ma purtroppo non posso dire di più. Gea è alla scoperta e riscoperta di sé tramite un viaggio spirituale molto intimo. È una guerriera silenziosa, appesa ad un filo osserva e lotta. Gea è alla RICERCA, così come tutti gli altri personaggi del film».

Date l’idea di un “collettivo”, di un’opera cui tutti partecipano perché ci credono fortemente. Ad esempio, oltre al regista, alcuni tra voi attori sono sempre presenti alle proiezioni per poter intervenire con il pubblico. Un bell’impegno: continuerete così nel resto di Italia?
«Hai detto bene, siamo un collettivo che ci crede fortemente! Proviamo e proveremo ad esserci ogni volta che è possibile. L’incontro con il pubblico è fondamentale, è un arricchimento e un momento di scambio importante».
Visto che la forza di “La terra buona”, oltre alle sue indubbie qualità artistiche, è legata anche alla promozione “alternativa” tramite social e Whatsapp, vuoi lasciarci con un hashtag, un passaparola, una frase per promuovere ulteriormente il vostro progetto anche tramite il nostro sito?
«Urlo fortissimo e chiaro #passaparola e #supportlaterrabuona!!!»
Urliamo FORTISSIMO anche noi, allora, insieme a Viola Sartoretto, che ringraziamo ancora per averci concesso quest’intervista.
Ricordiamo ai milanesi interessati che il 20 e il 21 aprile la proiezione di La Terra Buona avverrà in associazione con Eataly: nella sala Nobel, durante la proiezione, si potrà consumare un pasto, a base di piatti tipici della tradizione piemontese.
Le prossime tappe di questo entusiasmante progetto saranno prima Roma e, in seguito, Genova.
#PASSAPAROLA #SUPPORTLATERRABUONA

