Durante l’ultimo E3 appena passato abbiamo avuto modo di notare quanto fosse effettivamente più facile e conveniente riprendere in mano delle IP storiche, saghe di un certo successo, e di rivoluzionarle totalmente sfruttando la scia di popolarità dei cosiddetti reboot. Creare una nuova proprietà intellettuale dal nulla, oltre ad essere spesso economicamente dispendioso, rappresenta infatti anche un rischio sul fronte dei guadagni, mentre puntando sulla nostalgia dei fan (talvolta in via palese con i remake) è in questo modo possibile almeno garantirsi un discreto margine di libertà creativa.
Nonostante il God of War che si è rivelato a noi durante la fiera non sia considerabile ufficialmente come un reboot, essendo la nuova avventura ambientata dopo gli eventi narrati nel terzo capitolo, la saga sembra comunque aver subito un netto cambio di rotta nella propria concezione. Ipotesi ciclicamente confermata dalle dichiarazioni di Cory Balrog, creative director a Sony Santa Monica, che ultimamente hanno iniziato ad essere più frequenti (e mi fanno quasi pensare ad una strategia pubblicitaria).
Le differenze nelle meccaniche di gameplay erano evidenti a tutti, ma ho la sensazione che il pubblico fosse piuttosto interessato all‘evoluzione della figura di Kratos, e le nuove implicazioni nella psicologia come personaggio. D’altronde, stupirebbe il contrario.
Di titoli che puntano fortemente sulla narrazione, deliberatamente story-driven o che mirano a creare un legame empatico tra protagonisti e giocatore ultimamente ne stanno uscendo parecchi. Il successo di The Last of Us avrà spinto ulteriormente Sony ad investire su questa fascia videoludica, tanto che Days Gone possiede moltissimi elementi di richiamo e GoW stesso pare attingervi anche in fatto di struttura, ma soprattutto di trama.
Ecco alcune delle dichiarazioni rilasciate da Cory Balrog:
“Inizialmente c’erano molte resistenze all’idea di proporre un Kratos che non fosse semplicemente una forza della natura mossa dalla rabbia. Poi abbiamo pensato a film e serie TV e abbiamo realizzato che può succedere che un personaggio passi da un estremo all’altro, dall’essere odiato all’essere amato. Credo che questo titolo rappresenti un’opportunità per noi, è bello poter raccontare una storia sfruttando una gamma più ampia di emozioni”
Oppure, in merito al fatto che c’è stata un’ispirazione alla serie TV cancellata di Star Wars:
“Probabilmente, i primissimi indizi di quest’idea [un Kratos più umano e padre, ndr] sono arrivati quando stavo lavorando con LucasFilm. Ho potuto leggere gli script dello show cancellato, ed era una delle cose più fantastiche che io abbia mai letto.
Mi importa dell’Imperatore, lo hanno reso una figura simpatetica, ferito da questa fo*tuta donna senza cuore. Lei è una criminale dura e pura, e lo ha distrutto come persona. Ho quasi pianto, quando l’ho letto.”
e ancora: “La primissima idea, è stata immaginare che Kratos potesse avere un’altra chance diventando padre. Questa, era l’essenza del pitch. Le persone si guardavano attorno, ‘ma di che stai parlando?’. Poi, si comincia a pensarci. Come potremmo rapportarci con questa cosa, per esempio? ‘Oh, ma Kratos vuole solo redenzione’ è qualcosa di egoista. È il vecchio Kratos, è egocentrico, e non ha uno scopo. Con quest’idea, c’è qualcuno con lui che lo spinge a cambiare, sapeva da tempo di averne bisogno, ed il cambiamento ora è portato dalla volontà di non ripetere gli errori del passato.”
Era evidente che la saga di God Of War avesse bisogno di innovazione, tanto che l’innovazione è stata esattamente ciò che abbiamo avuto, ma onestamente mai mi sarei aspettato di vedere Kratos come un saggio antieroe pentito. Sono felice di questo inaspettato cambio di prospettiva e lo trovo anche piuttosto coraggioso, a modo suo. Eppure, nonostante sarà necessario aspettare di mettere le mani sul gioco completo per poter giudicare in toto (dunque prendete sempre con le pinze quello che sto dicendo), rimango piuttosto scettico.
GoW è sempre stato sinonimo di spettacolarità e combattimenti pesta-bottoni, ma con un gameplay non particolarmente profondo, un combat system forse troppo appesantito dai QTE, però pur sempre in grado di regalare divertimento senza molte pretese. Lo stesso si poteva dire di Kratos, con le proprie vicende da energumeno “distruggo-tutto” decisamente godibili, ma che abbiamo imparato a conoscere come il caciarone che è ed è sempre stato, nonostante il background tormentato del suo passato.
Quello che cerco di dire è che puntare sul plot, la caratterizzazione dei personaggi o il fattore “empatia emotiva”, per quanto interessante comporta numerose responsabilità, e richiede delle capacità di scrittura/narrazione non indifferenti. Che fino ad ora Santa Monica non ha mai dimostrato. Come ho spiegato, le vicende di Kratos a tratti toccavano dei toni drammatici, ma non si spingevano mai oltre e comunque erano rese in modo piuttosto superficiale. Il che di per sè non è un problema, visto che la saga premeva per concezione su ben altro.
Ora al contrario ci è stata pubblicizzata fin da subito come facente parte del trend “videogame cinematografici con i feels”, molto popolare in casa Sony e che soprattutto è in grado di far breccia in un vasto bacino di utenti, talvolta integrando anche quelli più casual. Non sempre tali prodotti sono molto riusciti da un punto di vista puramente ludico (prendete ad esempio The Order 1886, o The Last of Us stesso, che ritengo gravemente lacunoso in alcune parti), ma perlomeno hanno dalla propria una sceneggiatura di tutto rispetto. GoW sembra aver da una parte uniformato il proprio gameplay (ciò che, bene o male, a modo proprio lo distingueva). Sulla carta dà l’idea di avere molte note positive e delle potenzialità, ma pare in procinto di tuffarsi completamente dentro questo grande calderone di emozioni. Insomma, non ditemi che nel rapporto Kratos-figlio non avete visto un po’ di Joel ed Ellie, due personaggi in reciproco bisogno e mutuale aiuto psicologico.
La speranza è che in seguito alle numerose collaborazioni con gli altri studi Sony i ragazzi di Santa Monica siano maturati sotto questo fronte, oppure che abbiano investito maggiormente nella scrittura assumendo degli sceneggiatori professionisti (la software house giapponese d’altronde con tutti i soldi che possiede potrebbe permettersi questo ed altro). Ciò di cui ho però più timore, non così improbabile, è che il titolo verrà pubblicizzato in linea con gli altri prodotti prima citati, lasciando intendere nelle intenzioni degli sviluppatori l’offerta di qualcosa che non possono creare appieno, rischiando poi di non essere, come si suol dire, “nè carne nè pesce“.
Come ribadito prima, queste sono solo speculazioni partite da unicamente ciò che si è visto finora, e non vogliono nè possono essere prese come anticipazioni sul prodotto finale. Vedetele piuttosto come delle considerazioni di un videogiocatore apprensivo, da mettere in relazione con quello che è, o sarà, il mercato videoludico moderno.