Quando i videogame invadono le serie TV

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Tempo di serialità il nostro. Tempo in cui gli spazi della narrazione si sono dilatati con spunti nuovi, personaggi più profondi e racconti più intensi. In un tempo come questo in cui crossmedialità sembra essere la parola d’ordine non sorprende affatto vedere registi, sceneggiatori e produttori attingere a piene mani dagli universi narrativi dei videogame. Che già da parecchi anni hanno accolto uno storytelling più articolato con risultati degni delle migliori serie TV o dei più acclamati successi al botteghino. The last of us e What Remains of Edith Finch, tanto per citarne un paio.

 

Ed ecco allora che il mondo dei videogame con i suoi meccanismi narrativi, i suoi colpi di scena e i suoi personaggi invade le serie TV. Con un potere enorme di attrazione su un pubblico sempre più abituato a sviluppi narrativi di questo tipo.

 

Quando l’autore della light novel di Sword Art Online, Reki Kawahara ha visto per la prima volta le immagini della serie TV omonima ne è rimasto affascinato. L’adattamento ha bissato il successo del manga e la serie TV a tema videoludico ha entusiasmato milioni di spettatori. Un videogame al centro della trama. Un reality game così realistico e immersivo che i giocatori finiscono col rimanerne intrappolati. Loro malgrado peraltro, visto che il creatore del gioco li mette alla prova e la trama si sviluppa proprio come un videogame vero e proprio. I cliché del genere ci sono davvero tutti, le ambientazioni sono a dir poco fantastiche e la psicologia dei personaggi con le loro paure e i loro conflitti interiori regge bene nelle due stagioni della serie TV. Ma è il concetto di videogioco a stare alla base della narrazione proprio come, fatti i debiti paragoni, nella serie Gantz.

 

I meccanismi narrativi sono gli stessi che ci si aspetterebbe da un videogame thriller a tema fantascientifico. L’inizio stesso dell’avventura, firmata dalla regia di Ichiro Itano, si sviluppa con un in medias res tipico di molti videogame. Siamo già in mezzo all’azione senza capirci assolutamente nulla. Proprio come i protagonisti della serie.

Nessuno sembra conoscere nessuno. E nessuno, almeno all’inizio, sembra capire perché diavolo si trova in una stanza con un’enorme sfera nera nel mezzo. Gantz per l’appunto. Ed è così che ha inizio una missione per la loro stessa sopravvivenza che appassiona lo spettatore tanto quanto un videogame. Che peraltro è stato pubblicato da Konami nel 2005 per Playstation 2.

 

E ritorniamo così a un sistema narrativo i cui meccanismi stanno diventando sempre più pervasivi includendo, come abbiamo visto, il mondo della serialità così come quello della pubblicità e della letteratura. Non è un caso insomma che ne abbia parlato lo stesso Baricco nel suo ultimo saggio che si intitola guarda caso The Game. Oggi, come non mai, abbiamo la possibilità di accedere a una grande quantità di strumenti videoludici. Dalle sale da gioco virtuali come Unibet casino che dà la possibilità ai propri utenti, in uno spazio digitale, di partecipare a una vasta offerta di giochi con lo stesso coinvolgimento e la stessa partecipazione di un casinò terrestre. Passando per le innovazioni nel campo della realtà virtuale dove un colosso come Oculus ha sviluppato visori stand alone che assomigliano così tanto a quelli di Ready Player One da far apparire la fantascienza molto più vicina al presente di quanto poteva accadere qualche anno fa.

 

L’invasione dei videogame nelle serie TV non esclude neppure riflessioni filosofiche come accade nell’acclamata serie Black Mirror dove nell’episodio dal titolo Play Test un ignaro sperimentatore si trova proiettato nel bel mezzo di un videogame. Impossibile non restare affascinati, noi, tanto quanto il protagonista, dalla piega che prenderà il gaming con trovate degne di un film dell’orrore. Come spesso accade in Black Mirror risaltano più gli aspetti ambigui e inquietanti, ma vale davvero la pena guardare l’episodio per avere un punto di vista diverso sulla piega che potrebbe prendere un gioco immersivo virtuale indistinguibile dalla realtà. Matrix docet: come sempre.

 

I sei episodi della serie TV Kiss me First ci proiettano nel videogame di Azana, un mondo virtuale in cui giocare sembra essere l’ultima preoccupazione dei giocatori, così come del creatore della serie, Bryan Elsley. Se la trama si sviluppa seguendo le dinamiche di gioco quello che aggancia sono le relazioni umane tra i vari personaggi. Si parla di umanità prendendo come spunto la narrazione videoludica.

 

E per concludere, ma solo per il momento, visto che i videogame non smetteranno certo di invadere le serie TV alla fine del nostro articolo, non possiamo non citare l’attesissimo The Witcher. La serie TV Netflix andrà in onda nel 2019 seguendo il successo dei romanzi e dei tre videogame che hanno venduto qualcosa come 33milion di copie.

Iarin Fabbri

Spadin (alias Iarin Fabbri) è uno dei fondatori di Project Nerd. E' socio fondatore di Webbare.it che è l'azienda che si occupa di tutto lo sviluppo software e montaggi video e grafica per Project Nerd. Spadin è esperto di retrogaming e comics, più che esperto, possiamo definirlo memoria storica, e si tiene informato sulle serie tv e i cine-comics